E’ tempo non solamente di dare più anni alla vita, ma anche più vita agli anni!

Permettere che gli anziani vivano da persone fino alla conclusione naturale della vita, è di certo un’utopia a livello razionale, ma non certamente una chimera.

Adopero il termine “utopia” nel suo vero significato, ossia una méta alta e nobile a cui tendere anche se irraggiungibile in maniera definitiva, ma che costituisce la spinta ad avanzare costantemente e progressivamente, e non nell’accessione popolare in cui si pensa all’utopia come ad una realtà impossibile.

Noi del “don Vecchi” perseguiamo l’utopia che gli anziani possano vivere e dare il meglio di sé fino all’ultima goccia della loro esistenza e crediamo che ciò sia possibile facilitando l’ultimo percorso di queste persone della terza e quarta età.

A supportarmi in questa avventura sono gli anziani miei coinquilini del “don Vecchi” e pure un certo numero di anziani che, pur non abitando al Centro, ne condividono la vita e gli obiettivi.

Qualche giorno fa mi si è avvicinato il signor Nino Brunello, 95 anni a giorni, che due volte la settimana suona il violino nell’orchestra del “don Vecchi”. Mi dice: «Don Armando, domenica le suonerei un pezzo di Vivaldi, è contento?». Sempre lui ha cominciato a donarmi i dipinti della “sua” Venezia e poi, usando delle belle e grandi cornici, forniteci da amici, ha dipinto per noi altri bei paesaggi veneziani che si rifanno al Guardi e che “sanno di primavera” per le pareti del Centro di Campalto. Altri dipinti sono in magazzino in attesa del “don Vecchi 5”, destinato agli anziani in perdita di autonomia.

Al “don Vecchi” gli anziani novantenni non sono mosche bianche: il coro del Centro ha un’età media di 85 anni, eppure la domenica della neve ho dovuto proibir loro di venire nella chiesa del cimitero per animare la messa, altrimenti avrebbero sfidato in maniera impavida il ghiaccio e la bora.

Noi del Centro perseguiamo la massima che afferma: “E’ tempo non solamente di dare più anni alla vita, ma anche più vita agli anni!”. Mi pare che tutto ciò non sia una fata morgana, ma una meta allettante. Il sogno “che la morte ci incontri ancora vivi” è possibile a chi ha il coraggio di impegnarsi e non si fa mettere in casa di riposo.

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