Quante e quante volte, trovandomi solo, fuori dal gregge, a ribellarmi a provvedimenti o a situazioni che non ritenevo e che, anche oggi, non ritengo giuste e rispettose delle attese e delle esigenze dell’uomo, non m’è venuto il dubbio di essere un bastian contrario preconcetto o un illuso o uno fuori dalla logica e dalla storia.
Quante volte non sono stato cosciente che le mie prese di posizione, dettatemi dalla mia coscienza, non sarebbero state efficaci, nessuno ne avrebbe tenuto conto e non avrebbero inciso per nulla sull’andamento del mio piccolo mondo e, peggio ancora, del macrocosmo in cui vivo. Eppure sentivo che non potevo accettarle, perché contrarie alla sostanza del messaggio cristiano e perfino nell’essenza di quella che noi riteniamo essere la nostra civiltà.
Spesso mi sono trovato solo, emarginato e giudicato male dalla stragrande maggioranza dei miei concittadini e fratelli di fede. Superiori, colleghi o inferiori hanno tirato dritto, senza neppure tenere in minima considerazione le mie opposizioni e i miei rifiuti, anzi mi hanno fatto pagare il costo del mio non allineamento. Mi ritrovo, infatti, con quello che io ritengo il mio semplice ma glorioso “don”, mentre quasi tutti s’aspetterebbero, alla mia età, quel “monsignore” che ritengono un titolo di merito, mentre io lo guardo con sufficienza da uomo libero, nel senso pieno del termine.
In questo tempo sto leggendo i sermoni di Martin Luther King e nel secondo della serie riportata nel volume mi ritrovo, fortunatamente per me, in linea con questo profeta del nostro tempo. Egli parla del “non conformismo pacifico” come di un dovere di coscienza, come un imperativo categorico per servire con onestà l’uomo e la nostra società.
Man mano che procedo nella lettura e che continuo a sottolineare, capisco che non mi resta che suggerire agli amici la lettura del testo originale, perché troppo intelligente e pregnante di onestà e di saggezza umana, religiosa e civile.
Martin Luther King è stato un gigante nel non scendere al compromesso, nel non essere conformista, mentre io mi ritrovo ad essere un piccolo uomo, ma le parole di questo testimone che mise in ginocchio “il buon senso” dei bianchi d’America, mi giunge come una carezza, una parola di conforto, un incoraggiamento a non arrendermi mai per convenienza. Atteggiamento che, pur non mandandomi in prigione come successe a lui, mi condanna spesso alla solitudine ideale e alla emarginazione ecclesiale.