Un richiamo di Gesù

Ogni giorno ho modo di confrontare la fatuità e la miseria dei discorsi dell’uomo con la consistenza e la validità dei discorsi di Cristo.

I miei amici conoscono le mie abitudini, i ritmi e le mie scelte esistenziali. Al mattino, con un rapido succedersi di passaggi, comincio prima la preghiera personale e dopo quella liturgica del breviario, per passare ad una rapida scorsa del quotidiano e proseguire poi con la lettura e la meditazione sul brano del Vangelo che la Chiesa offre all’attenzione dei cristiani appartenenti alle infinite comunità sparse in tutto il mondo che ogni giorno si incontrano per celebrare i santi misteri della nostra salvezza.

Questa mattina il breviario mi ha fatto conoscere miserie antiche dell’uomo, la sua sete di potere, di abuso della fede per fini personali. Tutto però in un ambiente chiuso, angusto e, tutto sommato, timorato di Dio anche se disobbediente ai suggerimenti del Signore.

Son passato poi allo sfoglio del quotidiano: una vera rassegna di miseria, di imbrogli, di misfatti d’ordine personale e soprannazionale. Il “Gazzettino” sembrava un’antologia delle peggiori nefandezze ed imbrogli dei quali è capace l’uomo del nostro tempo.

Infine ho letto il brano del Vangelo nel quale Gesù se la prende con le città della Palestina nelle quali Egli aveva maggiormente offerto il suo messaggio ed aiutato le persone in difficoltà. Le argomentazioni e pure le minacce di Gesù mi sono suonate amare e taglienti nei riguardi di questo nostro vecchio mondo occidentale che ha ricevuto per primo “la buona notizia” e che oggi ignora o ne fa un cattivo uso. E più ancora mi sono sembrate dure nei riguardi di me stesso e di noi praticanti cresciuti fin dalla prima infanzia con un’educazione religiosa.

Oggi le nostre parrocchie, le nostre associazioni e i nostri preti, pare quasi che si trastullino e che sonnecchino sopra il patrimonio evangelico che ci è stato donato con tanta abbondanza e generosità e se ne stiano pressoché inerti senza “buttare la rete” a destra e a sinistra.

M’è parso che Gesù desse almeno a me un “cicchetto” forte e deciso, facendomi capire una volta ancora le mie responsabilità verso il Vangelo e verso i fratelli. Una volta ancora ho avvertito il messaggio mordente della parabola dei talenti.

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