Credo che tifare per la propria terra e per la propria gente non sia un gran peccato. Quando poi questo “nazionalismo veneto” abbia pure una dimensione pacata e solidale nei riguardi delle altre regioni, penso che esso possa diventare, tutto sommato, anche un merito.
Sono stato spinto particolarmente a questo attaccamento verso il mio popolo una quarantina di anni fa, in occasione di un convegno che si tenne a Gallarate e che aveva come tema lo studio delle problematiche che erano sorte per la consistente immigrazione proveniente dalle regioni del sud.
Al convegno partecipavano operatori pastorali, ma la gran parte eravamo sacerdoti. In quell’occasione ebbi modo di avvertire pesantemente la supponenza dimostrata in maniera plateale dai preti lombardi e piemontesi nei riguardi non solamente dei preti e della religiosità del sud, ma pure nei riguardi nostri, venuti dal Veneto “inerti e polentoni”.
In quell’occasione un prete bergamasco si rivolse ad uno del sud, che parlava delle feste patronali e delle confraternite, osservando in maniera ironica: «Ma voi del sud avete anche voi il nostro Dio?» Da allora non sono solamente guardingo e in difesa, ma in atteggiamento vigile e fiero verso un’arroganza non giustificata.
Ora vengo a sapere che le regioni del nordest stanno trainando l’economia nazionale e che, se estrapolassimo il nostro territorio da quello nazionale, avremmo un’economia forse superiore a nazioni estere quali l’Austria e la Germania.
Questo discorso credo che valga anche a livello religioso. Se il clero giovane non abbandonerà totalmente la tradizione religiosa delle nostre parrocchie, quale la catechesi, i patronati, l’associazionismo e l’impegno e lo sforzo perché la comunità cristiana coincida con quella anagrafica, sono convinto che potremo fare da traino anche a livello ecclesiale, checché ne possa pensare chi ingiustificatamente ci guarda dall’alto al basso.
E’ vero che noi veneti parliamo poco, però lavoriamo molto a tutti i livelli! Sono ben lungi dal proporre separazioni o lo spirito di rivalsa che oggi serpeggia in politica, però credo che la consapevolezza del patrimonio ideale che abbiamo acquisito col tempo e che ancora fortunatamente possediamo, ci debba rendere consapevoli che anche in questo caso “la nobiltà obbliga” e perciò dobbiamo svolgere con responsabilità il ruolo di traino che la provvidenza ci assegna.