Gli infaticabili lavoratori del don Vecchi

Questa mattina mi sono recato nella mia “cattedrale tra i cipressi” a deporre in segreteria “i ferri del mestiere” ed ho trovato due giovani pensionati che, a titolo di volontariato, pulivano le “vetrate” della chiesa.

Mi sono sembrati perfino più belli mentre lucidavano con pignoleria ed entusiasmo quei vetri che a me erano sembrati già puliti ma che, osservati dopo la “cura”, offrivano una splendida luce alle verdi piante di aralia che decorano stupendamente le “vetrate della cattedrale”.

Tornai in chiesa dopo le 14,30 per celebrare la messa feriale delle 15 e i due “lavoratori” stavano completando la pulitura dell’impiantito. I miei cari e generosi amici evidentemente han fatto dello “straordinario”. Non so come potrò pagarli, se già per il lavoro ordinario, nelle ore previste dal contratto della “categoria della gente di chiesa” offro il centuplo e la vita eterna. Questo per me è il guadagno!

Al mattino quando, verso le sette, esco dal “don Vecchi” per “andare a bottega”, incontro da un lato la Giovanna che con quella sua aria soave con la manichetta in mano bagna piante e fiori lungo i centoquaranta metri del lato di levante del parco del Centro, e L’Olinda che col volto sorridente e il cipiglio deciso bagna il lato di ponente.

Prima di uscire dal cancello ho sempre modo di salutare Carlo, che con la carriola e la scopa di canna d’India dà la caccia all’ultima foglia caduta durante la notte e all’ultimo pezzo di carta buttato a terra dal solito maleducato.

Carlo opera con la tensione di un chirurgo, perché dopo il pranzo viene per il rendiconto quotidiano a raccontarmi che cosa ha fatto nella mattinata.

Quando ritorno dalla messa c’è Luigi che scarica il camion di verdura che “ha mendicato” ai mercati generali di Mestre, o Padova, o Treviso, e la Marisa e la sua squadra che intervengono per la cernita prima che arrivi la “spettabile clientela”.

Entrato in casa, è già aperto il bar con il banconiere o la banconiera in divisa che serve il caffè.

Tutta questa cara gente non conosce orario, busta paga, mansionario, rivendicazioni salariali o sciopero di sorta, eppure è felice. Il lavoro per questi lavoratori che al “don Vecchi” si contano a decine e decine, è quasi un bel gioco che rende la vita lieta e veloce il tempo.

Ogni tanto però sono preso dall’angoscia che arrivino i sindacati a fare “la frittata”!

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