Le mie “passeggiate spirituali”, com’è giusto e comprensibile per un prete, si svolgono sugli interessanti sentieri della Bibbia e, in particolare, prediligono le pagine del Vangelo.
Il mio animo divaga attratto dalle parole, dai messaggi e dalle verità in cui mi imbatto ad ogni pié sospinto. Come avviene per ogni divagazione della mente parto da una parola o da una immagine e poi, condotto dalla fantasia o dallo Spirito, mi ritrovo ad osservare ed approfondire le verità più diverse, ma sempre ottimali.
Qualche giorno fa m’è capitato di imbattermi in alcune realtà a cui Gesù è ritornato più di una volta nei suoi discorsi. Cristo, rivolgendosi ai suoi discepoli, disse loro: «Voi dovete essere la luce del mondo, il sale della terra e ricordatevi che la luce è destinata ad illuminare e il sale a dare sapore, perché se non adempiono a questa loro funzione, non servono a nulla, possono essere buttate tranquillamente nel cassonetto dei rifiuti!”
Da questi incontri m’ha colpito l’idea che se la luce è destinata ai luoghi bui, il sale agli alimenti senza sapore, il lievito alla pasta inerte e pesante, se queste devono essere le caratteristiche essenziali dei cristiani, ne consegue che i discepoli di Gesù non sono, nel pensiero del loro maestro, gente di convento, da congrega chiusa, da sagrestia, da ombra di campanile o da comunità che vivono dietro staccionate o dietro al reticolato, ma gente da barricate, gente destinata a trascinare, persone che s’immergono nella società, nella storia, nei problemi e nei drammi più difficili, per aprire vie nuove, che portano a soluzioni positive.
Tolstoi, il grande drammaturgo russo, in uno dei suoi racconti, immagina Cristo che, in incognito, va a visitare le comunità che dicevano di rifarsi al suo insegnamento, ma con sua amara sorpresa, scopre che non assomigliano per nulla al progetto da lui sognato.
Temo che oggi la delusione di Gesù non sarebbe meno amara e sconsolata, perché pare che i cristiani temano i luoghi in cui pulsa il cuore della società e in cui si fa la storia.