In ricordo di don Mario Sinigaglia

Soltanto da poco tempo sono venuto a sapere che don Mario Sinigaglia era seriamente ammalato. Avevo pensato, pochi giorni fa, di fargli sapere che gli ero vicino e per promettergli la preghiera.

Stavo cercando di sapere la gravità della malattia e dove si trovasse, perché le notizie che avevo ricevuto erano molto vaghe. Se non che, la signorina Rita, che una volta terminato il suo servizio di tuttofare nella parrocchia di Carpenedo, sta donando le sue residue energie a don Paolo, il giovane sacerdote, che è sovra occupato, con due parrocchiette, gli scout, la scuola e il gruppo vocazionale, che ora è più informata sulle vicende della chiesa veneziana, mi ha telefonato una sera che don Mario era morto.
Ne fui profondamente addolorato.

Non eravamo amici nel senso stretto della parola, ma ci stimavamo alquanto. C’era tra di noi un comune denominatore che passava attraverso la convinzione primo che la fede che non si incarna nella solidarietà si riduce a sogno, illusione e forse evasione dalla realtà della vita, secondo che oggi l’annuncio evangelico passa attraverso la carta stampata, la radio, la televisione e i mezzi di comunicazione di massa. Don Mario ed io abbiamo fatto percorsi ed esperienze diverse, lui operò sempre al centro della chiesa veneziana, io nei suoi suburbi, lui era un diplomatico che raggiungeva i suoi obiettivi attraverso i contatti diplomatici, io il barricadiero che ha sempre preferito la denuncia e la pressione popolare. Comunque qualche obiettivo lo abbiamo raggiunto ambedue, qualche altro progetto e rimasto all’orizzonte. Sempre siamo rimasti soli e senza seguito, però gli ideali e le tensioni sono rimaste integre e forti in ambedue.

Sono molto addolorato della morte di don Mario; ora mi sento più solo anche se non ci parlavamo quasi mai, ed ognuno tirava con fatica la sua carretta.

Spero tanto che chi gli è successo porti avanti il sogno di don Mario, del secondo hospice da farsi a villa Elena, perché i nostri concittadini possano morire in un luogo dignitoso, con accanto i propri cari.

Ora faranno, a don Mario, gli elogi di rito, io però preferirei che accettassero a cuore aperto la sua eredità ideale e la portassero avanti, perché don Mario ha custodito con fatica ed amore “i tesori” della chiesa di Venezia.

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