“Le ferie” sono diventate un termine quasi magico, una specie di mistero arcano a cui si deve aderire ad ogni costo. In verità tutto questo non è una novità, già il nostro Carlo Goldoni parlava nella sua Venezia, in via di dissoluzione e verso il declino “Le smanie della villeggiatura”.
Ai tempi della Serenissima “le smanie” riguardavano però solamente la nobiltà e la ricca borghesia, da un paio di decenni il fenomeno ha interessato il ceto impiegatizio, gli operai specializzati, le famiglie con doppio stipendio. Ora il fenomeno è generalizzato e solamente i poveri diavoli pare siano immuni da questa frenesia collettiva che si accoda sempre più numerosa al “flauto magico” che costringe le masse a debiti, a condizioni di vita scomode, a code autostradali interminabili, per subirsi “i paradisi artificiali” di folle accaldate, ammassate nelle spiagge, nelle città d’arte incapaci e non attrezzate tecnicamente ad accogliere una popolazione che spesso decuplica quella normale.
Pazienza, così va la vita!
Quello che però mi stupisce, mi interpella e mi mette in crisi è che il fenomeno ferie ha investito anche la chiesa e il clero.
Con fine giugno la pastorale chiude i battenti, le messe sono dimezzate, le canoniche si chiudono lasciando aperte solo le segreterie telefoniche che con voci di rito ripetono le solite bugie di comodo.
I preti debbono andare comunque in ferie e ci vanno anche se sono soli, se hanno parrocchie numerose e problemi pastorali drammatici ed infiniti.
Di tutto questo nessuno si meraviglia, nessuno ne parla. Se prendo la parola per stupirmi, sono certo che mi dicono “è vecchio e fuori tempo!”