All’inizio dell’autunno, quando ero in parrocchia, organizzavamo una gita pellegrinaggio di cinque-sei giorni con un minigruppo che io chiamavo pomposamente “opera parrocchiale pellegrinaggi”. Voglio illudermi che quelle gite-pellegrinaggio siano state veramente un’iniziativa pastorale quanto mai originale e positiva.
Quell’esperienza traduceva esattamente una visione di vita parrocchiale che, secondo me, deve interessarsi di tutto l’uomo, non solo di quello che in maniera fittizia e grossolana siamo soliti chiamare “lo spirituale”.
Le nostre uscite mescolavano in maniera disinvolta cultura, turismo, riflessione, buona tavola, preghiera ed amicizia. Partivamo in due, tre, perfino quattro pullman. Sceglievo un tema legato alla storia o alla cultura delle città che visitavamo; al mattino, in ogni corriera c’era chi leggeva la meditazione che avevo preparato, chi illustrava il territorio con la storia relativa, poi la messa in templi particolarmente significativi, con omelie appassionate e vibranti, pranzi in ristoranti tipici, visite guidate ai monumenti più insigni, rosario sul far della sera durante il ritorno.
Credo che le tante gite-pellegrinaggio alle quali ho partecipato, siano state dei veri “esercizi spirituali” moderni, piacevoli e quanto mai positivi ed efficaci, che sostituivano ritiri melanconici a cui la gente di Chiesa è solita partecipare.
Ricordo che in quelle occasioni mi piaceva moltissimo starmene quieto e solitario a guardare dal finestrino il susseguirsi di prati verdi, di filari rettilinei di vitigni, di boschi che iniziavano a colorirsi di marrone e di giallo, di paesetti le cui case si tenevano per mano, di campanili aggraziati sulla sommità delle colline, quasi sentinelle a protezione delle chiese e del paese. Ricordo soprattutto il cielo terso ed azzurro, il sole tiepido, l’aria frizzante e le ombre lunghe degli alberi sul verde cupo dei prati, la bellezza soave e tenera dell’autunno.
In queste settimane sono andato spesso con la fantasia a questi dolci ricordi, provando nostalgia di qualcosa che inizialmente pensavo di aver perduto per sempre, poi mi sono accorto che facendo quattro passi attorno al “don Vecchi” posso rivedere tutta la poesia dell’autunno, la bellezza della natura che si prepara per l’inverno, l’incanto dei verdi, del prato, dei filari di carpini, con le ombre lunghe che pare s’adagino sull’erba!
Quanta bellezza c’è ancora accanto a noi e purtroppo molta gente non s’accorge che in ogni stagione Dio sta sostituendo una bella scena con una ancora più bella!