Mi piacerebbe moltissimo conoscere la vita dei preti vecchi per avere un motivo di confronto, o meglio di stimolo. Fino ad una ventina di anni fa l’impegno del sacerdote era considerata una missione, per cui veniva quasi naturale che il prete dovesse morire in trincea. Tutti i sacerdoti che io ho conosciuto nella mia infanzia ed anche nella mia giovinezza sono morti sul campo, continuando il servizio che il vescovo aveva loro assegnato fino all’ultimo respiro.
Il sacerdozio era ritenuto universalmente una missione, come quella di una madre e di un padre, e quando mai si può, anche lontanamente, pensare che un uomo o una donna possa andare in pensione dalla propria paternità o maternità!?
Col tempo però, lentamente, senza quasi che nessuno si accorgesse, si è insinuata pian piano la mentalità socialista, motivo per cui l’operaio del Vangelo è diventato l’impiegato della Chiesa. Pian piano sono arrivati lo stipendio fisso – ufficialmente uguale per tutti – le ferie estive, l’orario di lavoro, i “permessi sindacali”, che ognuno può prendersi praticamente a suo arbitrio; infine la pensione. Manca ancora la liquidazione e poi i preti potrebbero iscriversi al sindacato dei pensionati.
Questa mentalità, che ho descritto in maniera un po’ sommaria e paradossale, è una mentalità che è stata pacificamente assunta dal giovane clero, ma che anche i preti anziani hanno trovato comodo adottare. Credo che nella Chiesa veneziana siano parecchi i preti pensionati e prossimamente saranno moltissimi.
Cosa fanno, come passano la vita, che ne è del loro sacerdozio e della loro missione? Questo per me è un mistero!
Oggi un settantacinquenne che non ha troppi malanni, potrebbe avere davanti a sé almeno una decina d’anni di una possibile attività.
Qualche settimana fa, in occasione del grande incontro di preti in piazza San Pietro, ho avvertito un guizzo tagliente di don Mazzi che reclamava che i preti tornino in strada. Non molto tempo fa ho letto una bella intervista del prete padovano ultranovantenne, mons. Ferro e ne sono rimasto molto edificato. Ho sempre di fronte agli occhi poi la figura di mons. Ersilio Tonini, amico di Enzo Biagi, che è diventato per me una bandiera.
La Chiesa è saggia nel pretendere che chi occupa posti di responsabilità abbia anche le energie e la lucidità per operare, però sono convinto che nessun ministro del Signore possa credere di aver diritto alla poltrona e possa esimersi dalla consacrazione al sacrificio ricevuta un tempo.