Non sempre il modo di vivere dettato dal Vangelo passa dall’omelia alla vita di ogni giorno dei fedeli

Tante volte, iniziando la settimana, ho suggerito ai miei compagni di strada di agguerrirsi con alcuni propositi per affrontare e risolvere positivamente i problemi che avrebbero incontrato lungo il breve tratto di strada costituito dai sette giorni che stavano loro davanti.

E’ sempre facile esortare a partire con coraggio, con ottimismo, con la fiducia di chi sa d’avere il Signore sempre accanto, pronto ad allungare una mano per porci aiuto nel caso di bisogno. I fedeli che mi stanno davanti silenziosi, compunti ed apparentemente convinti, mi hanno sempre dato la sensazione di condividere questi propositi, però poche volte ho avuto modo di verificare come hanno attuato questo modo di progettare e di vivere il quotidiano. O peggio, ho sempre avuto modo di vedere come normalmente sono riuscito io a tradurre questi propositi in uno stile di vita coerente.

Spesso mi è capitato di concludere che il mio sermone era quasi soltanto una esercitazione più o meno convincente di oratoria religiosa, ma non una seria determinazione ad adottare uno stile di vita ed una mentalità che si rifacesse ai criteri richiesti dal Vangelo. Quando leggo gli atti degli apostoli, che riportano lo stile delle prime comunità di cristiani, mi viene sempre da domandarmi: “ma come facevano i presbiteri di allora a passare convinzioni e coerenza così forti?”.

Leon Blois mi direbbe che solamente la santità può risolvere tutto, il guaio è che l’essere santi è una delle cose più difficili che l’uomo possa attuare; non per questo, però, ho diritto di rinunciarvi.

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