Io leggo molto volentieri per bisogno e per necessità e sono dispiaciuto perché non riesco a dedicare alla lettura più tempo di quanto normalmente faccio.
La lettura mi tiene aggiornato sulle problematiche della società in cui vivo, sugli umori della gente e sul mutare costante della sensibilità e contemporaneamente mi mette al corrente sulle iniziative pastorali, sul modo di proporre il messaggio evangelico e mi è quanto mai stimolante per mettere a punto il mio pensiero, le modalità con cui intervenire per iscritto nella stampa e nei miei “sermoni” feriali e soprattutto domenicali.
Tempo fa ho pubblicato un trafiletto, che avevo trovato quanto mai interessante sul nostro periodico nell’intento di condizionare me stesso e i miei confratelli sacerdoti a tutto vantaggio della Parola di Dio e soprattutto del Popolo del Signore, che spesso deve sorbirsi dai suoi preti dei pistolotti che non finiscono più e che costituiscono una penosa penitenza.
L’articolo aveva come titolo “La predica valida è quella con tre c: ossia quando è corta, convinta, e convincente”.
L’altro ieri leggendo “Vita pastorale” una rivista rivolta soprattutto al clero, un articolo dal titolo un po’ sorprendente: “Il diavolo e l’acqua santa” in cui il sacerdote, che organizza da 25 anni la trasmissione da parte della radiotelevisione italiana le messe domenicali, afferma che la predica non deve superare gli otto minuti. Suddetto esperto diceva che questa era la prescrizione del Sinodo dei vescovi italiani; lui aggiungeva poi altre argomentazioni assolutamente condivisibili.
Ho immediatamente chiesto a suor Teresa quali fossero i miei tempi, lei m’ha risposto che sforo di 3-4 minuti! L’ho pregata quindi che d’ora in poi mi cronometri perché ho tutta l’intenzione di obbedire ai vescovi italiani!