Un profondo esame di coscienza

Ieri ho messo nero su bianco il modo in cui medito al mattino. L’ho fatto con un certo rossore perché, se queste mie confidenze andassero in mano ad un teologo, un docente di ascetica, un biblista o anche ad un mio collega sacerdote, farebbero un sorriso di compatimento nell’apprendere il modo elementare con cui, nonostante la mia veneranda età e le esperienze di una intera vita di operatore pastorale, rifletto al sorgere di ogni giorno.

Mi ha confortato qualche settimana fa la confidenza di una suora che fa parte del consiglio generalizio di una grossa congregazione religiosa, suora che mi ha detto che fa meditazione sul mio diario.

Sono rimasto sorpreso e preoccupato, poi ho concluso che il Signore si serve di tutto per raggiungere i suoi fini. Mentre qualcuno si scandalizza del mio modo di pensare, questa “sposa di Cristo” trova utile il contributo del pensiero di questo povero vecchio prete.

Come scrissi ieri, da qualche tempo adopero un opuscoletto edito da una chiesa Valdese, estremamente modesto, ma che ben si coniuga con la mia pochezza.

Questa mattina il raccontino che trascrivo è stato motivo di un profondo esame di coscienza, di pentimento sincero, di richiesta di perdono al Signore e di un convinto proposito. Anch’io sono profondamente convinto che “solo Gesù ha parole di vita eterna” ma non sempre l’ho ripetuto con convinzione e tanto spesso quanto avrei dovuto fare e quindi faccio totalmente mio il proposito di questo cristiano d’America:

“Quando venni a sapere che Larry, un mio caro amico ha trovato la morte precipitando dal 17° piano del palazzo, rimasi fortemente scioccato ed afflitto. Subito dopo fui riempito da una ancora più profonda ed inconsolabile tristezza quando incominciai a pensare alla sua vita futura. Larry ed io eravamo stati buoni amici nella scuola superiore. Parlavamo di molte cose: dei compiti, della famiglia, di sport, del futuro. Avevo parlato con lui di tutto salvo che di Gesù. Ma ora non importa più ciò di cui parlavamo. Ciò di cui non avevamo parlato era ciò che ora più di tutto mi interessava di Larry. Non so se Larry abbia aperto il proprio cuore a Cristo. Ciò che so è, appunto, che non gliene ho mai parlato. Se penso a questa tragedia che è accaduta tanti anni fa, il pensiero della mia mancanza continua a ferirmi. Come discepolo di Cristo, mi rimane il dispiacere di non aver parlato di Gesù al mio amico. Ma non possiamo cambiare il passato. Possiamo, però, chiedere a Dio di perdonare il nostro silenzio e mutare il dispiacere nella determinazione di condividere con gli altri il nostro incontro con Cristo”.

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