Capire le avversità della vita

Io purtroppo non sono un mistico, pur avendo una sconfinata ammirazione per chi sa immergersi nel profondo ed ineffabile mistero di Dio e sa accostarsi alla vita avendo la capacità di inquadrare ogni incontro ed ogni esperienza alla luce di questa immensa ed assoluta realtà.
Non riesco a camminare su questa lunghezza d’onda.

Spesso navigo a vista cercando la direzione per orientarmi dalle piccole banali esperienze quotidiane. Non per questo talvolta non intravedo, magari nel baluginare di qualche percezione, il mondo bello e luminoso che sta oltre la nebbia impalpabile che incontro sulla mia strada.

Questa mattina, durante la fatica della meditazione, ho percepito una grande verità da cui è sgorgata una norma morale di grande portata.

Il cristiano che aveva steso il testo della meditazione, ringraziava di tutto cuore il Signore per tutte le cose bella della vita e per tutto quello che gli aveva elargito, ma continuava ribadendo che la riconoscenza a Dio non è dovuta solamente per la constatazione di quanto sia grande la sua generosità verso noi uomini, ma doveva manifestarsi anche per le avversità e per quanto noi, in maniera miope, consideriamo dolori, disgrazie e disavventure per le quali di primo acchito ci siamo dispiaciuti.

Dapprima ciò mi parve assolutamente assurdo, ma poi facendo una rapida verifica sulle disavventure e sulle presunte croci della vita passata e presente ho dovuto constatare che in verità da esse ho compreso il volto più vero della vita. Partendo da quelle esperienze amare, sempre, ho scoperto quello che veramente conta, a differenza di ciò che è effimero ed illusorio!

La razionalità, che è sempre un po’ in ritardo sul cuore e sulle intuizioni, mi ha poi confermato che Dio non può che amare le sue creature, e anche e soprattutto quando pare le castighi, è proprio il momento che le ama di più e perciò interviene perché non si facciano troppo del male. Ora mi pare di aver capito, però devo assimilare e tradurre a livello esistenziale questa verità.

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