La mia specializzazione e la mia occupazione prevalente, essendo cappellano in cimitero, verte, per varie ragioni, sul settore del lutto. Il suffragio rappresenta l’oggetto primario del mio servizio sacerdotale.
Normalmente tento di incontrare qualche parente o un amico del “caro estinto” per avere un’immagine, pur sommaria, del fratello o della sorella da cui la famiglia e la comunità prende commiato e per cogliere la testimonianza globale che ogni persona lascia in eredità ai fratelli che ha incontrato durante la vita. Quasi sempre gli abbozzi che mi consegnano sono abbastanza simili; d’altronde non sono molte le personalità ben definite e di pregio. Comunque io ritengo sempre opportuno cogliere in positivo e talvolta in negativo, in maniera tale che i presenti al commiato ne possano trarre vantaggio dalla testimonianza offerta da chi ci lascia.
Qualche settimana fa, a rispondere alla mia richiesta, è stato il fratello del defunto, il quale mi diede qualche nota abbastanza scontata e comune quali la bontà, l’altruismo e la laboriosità.
Quando però gli chiesi qualche notizia sulla religiosità del fratello scomparso, si affrettò a dirmi che era certamente credente anche se non praticante; poi per specificare meglio, soggiunse che il fratello scomparso aveva soprattutto “la religione della famiglia”, per esaltarne certamente la dedizione per i propri cari.
In cuor mio mi domandai se il Giudice Supremo riconosca questa religione.
I teologi che ho studiato in seminario di certo non parlano di questa “religione” ma mi ricordai delle “Chiavi del Regno” di Cronin, romanzo in cui questo autore inglese sostiene che sono molte le strade che portano al Regno; di certo una di queste può essere la dedizione alla propria famiglia! Lo affidai quindi più fiduciosamente alla misericordia di Dio sperando che anche il buon Dio sia d’accordo!