Non sono moltissimi i parroci che, spinti da un desiderio di trasparenza, pubblicano sui loro bollettini parrocchiali il bilancio delle attività della loro comunità. Ho osservato poi che quei pochi che trovano il coraggio di rendere conto, ai componenti della loro parrocchia, dell’andamento finanziario, mettono sempre la voce “Carità” nella colonna delle passività. Sento il desiderio, anzi il bisogno di dire ai miei colleghi che, da almeno mezzo secolo, io ho avuto la fortuna di fare una bellissima scoperta di cui desidero rendere partecipi anche loro. Nella mia esperienza pastorale, più che sessantennale, ho sempre constatato che la voce “Carità” costituiva un’entrata e non un’uscita o, per dirla con altre parole, un’uscita che ha prodotto un guadagno maggiore della spesa. Potrei citare, dati alla mano, che questo è sempre avvenuto fin da quando ero cappellano a Mestre con Don Vecchi ed è puntualmente continuato nei trentacinque anni in cui sono stato parroco a Carpenedo. Spero che nel raccontare queste mie esperienze qualcuno non mi accusi di essere autoreferenziale ma, non posso però fare a meno di citare la situazione della Fondazione dei Centri Don Vecchi e dei quattro Enti caritativi che ruotano attorno ad essa, dei quali io non ho più alcuna responsabilità diretta. Ebbene non ce n’è uno che chiuda il bilancio annuale in rosso, anzi sia la Fondazione che le Associazioni “Vestire gli Ignudi”, “Carpenedo Solidale”, “La buona Terra” e “Lo Spaccio”, pur offrendo almeno centomila contributi all’anno ai poveri, sono tutte in attivo. A livello personale ho felicemente scoperto che ricevo sempre più di quanto offro. Non dovrei però stupirmene perché Gesù da duemila anni ha parlato del “Centuplo”.