Le mie vicende o le mie povere vicende le conoscono un po’ tutti. La cosa, lo confesso, mi fa piacere.
Non passa giorno non passa incontro che qualcuno mi chieda: “ come va il don Vecchi Marghera?” “si fa, don Armando la nuova chiesa del cimitero?” “Hanno già cominciato il Samaritano, la casa per i familiari degli ammalati dell’Ospedale?” “Allora si fa o non si fa l’ostello San Benedetto, per ospitare i lavoratori che vengono dal sud, dalle coste africane, o dai paesi dell’est d’Europa?” Per non parlare poi de “L’Incontro” dei Magazzini San Martino e San Giuseppe, dei supporti per gli infortunati o del Banco alimentare!
Sono felice che la città sia coinvolta nelle opere della solidarietà, vi partecipi almeno con la curiosità, senta che sono problemi di tutti e sia un po’ orgogliosa che questa nostra Mestre, che negli ultimi decenni s’è un po’ impigrita ed è diventata sonnolenta, desideri almeno, di brillare per una solidarietà che deve coinvolgere tutti.
Da sempre sono convinto che se non matura una cultura diffusa, ben difficilmente, emerge l’uomo o il gruppo sociale che tenti di produrre a livello operativo le risposte ai bisogni e alle nuove esigenze della collettività. In tutto questo mi da una buona mano L’Incontro, che anche durante le ferie viaggiava a quota quattromila copie settimanali.
Ma sono pur riconoscente e felice delle spintarelle, e talvolta delle spallate che mi danno “Il Gazzettino” “La Nuova Venezia”, “Gente Veneta” il “Corriere del Veneto” e Rai Tre!
Tutta questa buona gente che costruisce l’opinione pubblica non mi tiene tanto sulla cresta dell’onda, ma soprattutto mantiene viva la memoria, l’urgenza e la necessità delle cause a cui ritengo utile dedicare le mie residue energie. Gli amici della carta stampata e del piccolo schermo sono veramente cari e preziosi amici del bene e della solidarietà.