La catechesi di Benigni

Io sono uno di quei dieci milioni di italiani che per due sere consecutive ha partecipato attentamente alle due lunghe lezioni di catechismo di Roberto Benigni.

Premetto che ritengo quest’uomo di teatro bravo, intelligente e coraggioso.

Non è da tutti compromettersi oggi pubblicamente su un argomento religioso tanto specifico da essere, ai nostri giorni, quasi sempre accettato passivamente e spesso solamente a livello formale.

Confesso poi che la catechesi fattaci da Benigni è stata particolarmente in linea con le mie convinzioni religiose e con gli obiettivi che sto perseguendo a livello personale e pastorale.

Debbo però confessare che alla fine mi è rimasta nell’animo una certa preoccupazione: probabilmente Benigni, per trovare il consenso di un pubblico così eterogeneo, è stato indotto a puntare su valori condivisibili, valori tanto alti e sublimi sui quali non si può che essere d’accordo, però nella realtà della vita essi richiedono mediazioni e scelte concrete che spesso sono impegnative e faticose.

Credo che tutti siano d’accordo che volersi bene è una meta condivisibile universalmente però per raggiungerla quanta fatica, quante rinunce, quanti sacrifici sono necessari!

Su questi aspetti però Benigni ha sorvolato, motivo per cui ritengo che più che di catechesi si sia trattato di spettacolo.

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