Carità e solidarietà

Nota: come le altre, questa riflessione risale a svariate settimane fa.

L’altro ieri mi ha telefonato una giornalista de “La Nuova” per avere un parere sull’intervento sui questuanti del giovane parroco di Carpenedo, don Gianni Antoniazzi. Quello dei poveri è sempre stato un problema, ma ora con l’invasione dei poveri della Romania, della Moldavia, dell’Albania e di qualche altra nazione che se la passa male, il problema è diventato ancora più grave.

Per primo ha dato fiato alle trombe per segnalare il disagio che “l’azienda dei poveri” sta creando in città, don Fausto Bonini, il parroco dimissionario del duomo di San Lorenzo, denunciando l’invadenza e la prepotenza di questi giovani mendicanti che di certo fanno parte di un’organizzazione che li sfrutta. Ora sono pressoché scomparsi i poveri di casa nostra, rappresentati da persone minorate o in grave disagio mentale che la nostra società disinvolta, efficiente e spietata ha abbandonato sulla strada come “rifiuti di uomo”. Mentre è subentrato il “sindacato” dei poveri, organizzato, espertissimo in tutte le forme di mendicità che dall’insistenza giunge al ricatto e ad una certa “violenza”.

La stampa ha raccolto la presa di posizione, abbastanza insolita per un prete, e ne ha fatto oggetto di interesse pubblico. L’amministrazione comunale ha fatto le solite dichiarazioni fasulle e per nulla efficaci, e tutto continua come prima.

Il Comune, come sempre, se ne frega, specie ora che non ha più un sindaco. I vigili (mi dicono che Venezia abbia un esercito di quattrocento agenti) sono “impegnati” nei loro uffici e non gradiscono questo compito fastidioso che li costringe a lasciare le loro scrivanie e a stare per strada.

Come dicevo, il parroco di Carpenedo è intervenuto sul Gazzettino; la presa di posizione è rimbalzata da una pagina all’altra, ma penso che questi “poveri” abbiano capito che questi interventi assomigliano alle “grida” di manzoniana memoria, anche se non sanno che cosa siano “le grida”.

Dunque i giornalisti della “Nuova”, in costante ricerca di notizie, mi hanno telefonato, sapendo che sono uno dei pochi preti che tenta di avere idee piuttosto chiare e poi ha il coraggio di dirle pubblicamente.

Per quanto mi riguarda, mi rifaccio ancora una volta al pensiero di don Vecchi, mio maestro, che mi diceva: «Armando, se fai la carità ad un povero fai bene, se però questi soldi li destini ad una struttura per i poveri, ne aiuti molti e per molti anni, ma soprattutto risolvi i loro problemi». Non dimentico però il parere di una “Piccola sorella di Gesù” che, con discrezione, mi ricordava che anche un piccolo gesto è sempre un gesto di cortesia e di fraternità e perciò qualche spicciolo lo do ancora. Questo però lo faccio avendo alle spalle quattro associazioni di volontariato che ogni giorno dispensano vestiti, mobili, generi alimentari, frutta e verdura e che in un anno compiono quasi quarantamila interventi.

Non so però se le parrocchie e il Comune hanno un retroterra così solidale che conforti le loro coscienze.

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