La vicenda del Casinò

Nota della redazione: come tutti gli articoli del blog, anche questo risale a diverse settimane fa, prima che esplodesse lo scandalo che ha coinvolto l’ormai ex Sindaco Orsoni.

Qualcuno si sorprenderà venendo a sapere che un vecchio prete come me è interessato alla vicenda che sta turbando i sonni di Orsoni, il sindaco di Venezia e mette in subbuglio ed in contrasto l’intero Consiglio Comunale, cioè quello della vendita del Casinò. Sia ben chiaro che non ho alcun interesse nei riguardi di questa “triste” azienda, però ritengo che ogni problema che interessa la comunità in cui vivo interpelli pure la mia coscienza.

Don Milani aveva fatto mettere ben in vista nelle stanze della sua canonica, che aveva adibito ad aule di scuola per i suoi ragazzi, un cartello con scritto “I care!” (mi interessa!); Gaber, il cantante anomalo le cui canzoni diventavano sempre messaggio o critica, affermava, col suo canto sempre graffiante: “Vivere è partecipare!”.

Mi pare che da più di un anno vada avanti sulla stampa veneziana la manfrina del Casinò: venderlo o non venderlo, come venderlo, a quanto venderlo, a chi venderlo. Non ho ben chiari i termini della questione, anche perché normalmente leggo il titolo e l’occhiello perché queste le considero “notizie di cronaca nera”, quindi disdegno di seguirle. Mi pare però di aver sommariamente capito che il Comune di Venezia, per tappare i buchi del suo bilancio disastroso, non solamente è costretto a vendere i “gioielli di famiglia”, ossia gli antichi palazzi che possiede, ma ora anche il Casinò che in passato versava nelle casse comunali fior di milioni.

Io ho sempre considerato il Casinò come una casa di malaffare; ricordo le truffe ricorrenti da parte dei croupier, le infinite beghe dei dipendenti superpagati, per le mance, gli scioperi proclamati dai sindacati, le eterne baruffe per la nomina dei dirigenti e, recentemente, non solo la diminuzione degli incassi, ma pure per i buchi nella gestione. Comunque, a parte tutto questo, che non depone di certo a favore del Casinò e del Comune, io ho sempre considerato il gioco d’azzardo e soprattutto chi lo promuove, come qualcosa di assolutamente immorale.

In passato, quando il Casinò rendeva (eccome!) provavo vergogna che la nostra città vivesse sulle spalle del vizio. Ricordo quando appena prete ai Gesuati, di primo mattino ho incontrato un imprenditore di mezza età, sfatto dalla stanchezza e dall’angoscia. Durante la notte s’era giocato persino la casa dove abitava e non aveva più il coraggio di tornare dai suoi. Dovetti dargli i soldi del biglietto del treno.

Il gioco d’azzardo è una truffa ignominiosa, sempre! Ma quando è gestito da un ente pubblico, come nel nostro caso, è un’infamia sociale, e prima il Comune se ne disfa, meglio è!

08.06.2014

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