Don Zeno giustamente è passato alla storia per la sua Nomadelfia, la “cittadina” alla periferia di Grosseto, che da un campo di concentramento italiano è diventata “la città dei fratelli”, comunità che ha come obiettivo l’assoluta solidarietà.
A Nomadelfia le famiglie sono composte da un “padre” ed una “madre” volontari che si fanno carico di una nidiata di bambini alla deriva, rifiuti di questa società senza valori e senza ideali.
Il valore fondante di questa singolare comunità, è che l’amore supplisce ad ogni deficienza e risolve ogni difficoltà, questo valore trova la sua pratica attuazione nel “codice civile” che assume come norma di convivenza i dettami del Vangelo.
Attualmente Nomadelfia, mi pare, conta 350 abitanti, divisi in una serie di famiglie, con una scuola autonoma, una economia solidale ed una vita serena che si rifà in tutto al messaggio di Gesù, assunto nella sua integrità.
Don Zeno era un uomo eccezionale, un prete libero, coraggioso e generoso fino alla temerarietà, un prete fuori serie, di una specie rara della quale ne nascono cinque o sei al massimo al secolo!
Io non ho né l’originalità di pensiero, né il coraggio, né la generosità di questo campione; mi limito solamente ad ammirarlo e tentare di copiarlo per quanto riesco. E’ ben chiaro che è l’opera d’arte che ha valore, la copia conta un millesimo soltanto del capolavoro e raramente riesce a riprodurre fedelmente l’originale.
Comunque in via Carrara, 10 a Marghera c’è un paesino minuto chiamato “don Vecchi” abitato da 65 abitanti che vivono in maniera autonoma, si autogestiscono provvedendo al giardinaggio, al pranzo, alla cura degli ambienti, alla segreteria e alle altre mille cose che servono in un paese, pur piccolo. C’è un “pater familias” ed un suo vice che coordinano la vita comunitaria, volontari pure loro.
Mi auguro che questa Nomadelfia del Veneto abbia vita lunga, prospera ed esemplare, almeno quanto quella del grossetano!