Quest’anno ho ascoltato con particolare attenzione e condivisione le parole di quel grande francescano che è padre Cantalamessa. Questo fraticello, discepolo del Poverello d’Assisi, è un uomo di grande pietà e intelligenza, ma soprattutto ha il carisma e la capacità di trasmettere la Verità e coinvolgere gli spettatori con pensieri ed idee quanto mai incisive.
Per la Passione ha aiutato i fedeli a scoprire ed essere partecipi del mistero della croce, indicando una per una le categorie degli attuali crocifissi, delle persone e delle parti sociali del nostro mondo che attualmente sono inchiodate a croci dolorose e sanguinanti ed agonizzano spesso tra l’indifferenza di una società tutta ripiegata su se stessa e preoccupata di difendere il proprio benessere e i propri princìpi.
Quanta tristezza ho provato nel sentire soprattutto i magistrati, che notoriamente sono una categoria di persone ben pagate e soprattutto sono uomini delegati ad amministrare la giustizia – una delle missioni più sacre – che si sono lagnati per una decurtazione pressoché insignificante del loro stipendio, che è almeno, molte volte, superiore a quello con cui deve vivere un operaio. E soprattutto quanto mi ha fatto male il motivo pretestuoso della loro lagnanza.
Tornando al crocifisso di oggi mi sono ricordato di un pensiero del vescovo di Nuova York, mons. Fulton Sin: “Il venerdì santo sono sceso in strada ed ho visto il Cristo in croce, mi sono commosso e ho tentato di staccarlo, ma Egli si è rifiutato dicendomi: «Non scenderò finché non staccherete dalle loro croci il numero infinito di uomini che oggi patiscono su questo patibilo!»”.
Quest’anno io mi sono girato attorno per vedere se anche vicino a me c’è qualcuno che posso far scendere dalla croce. Si è presentata immediatamente ai miei occhi una anziana mamma che alcuni giorni fa ho visitato là, nella stanza linda e luminosa dell’Ospedale all’Angelo, ricoverata per un tumore al pancreas. Vive sola con un figliolo in difficoltà per una grave menomazione agli occhi. Fino all’altro ieri vivevano in un fragile equilibrio uno per l’altra, ora sono tutt’e due in croce, lei per il figlio che vive del respiro di sua madre e lui che al mondo l’unica cosa che possiede è sua madre.
Mai come in questi giorni ho sentito, sofferto e condiviso questa crocifissione che fa sanguinare i loro cuori, ma anche il mio.
Quante volte in questi giorni le mie labbra hanno ripetuto d’istinto: “Padre, se è possibile, passi questo calice!”, però mi sono sempre fermato lì; pensando a queste creature a cui voglio veramente bene, non ho avuto il coraggio di terminare la frase di Gesù!.
18.04.2014