Una sola misura

In queste ultime settimane non ho potuto non seguire le vicende postume del capitano tedesco che organizzò e portò a termine l’eccidio delle Fosse Ardeatine. I giornali e la televisione ci hanno informato con dovizia di particolari sull’eccidio, sulla fuga e cattura del nazista, sulle sue vicende giudiziarie, sulla dottrina a cui ha aderito sino alla fine dei suoi giorni e sulle avventurose e macabre circostanze, al momento non ancora terminate, dei funerali e della sepoltura.

Aggiungerei ancora che mi ha fatto riflettere la rabbia, il senso di vendetta e rancore che la morte di questo superstite dell’ultima guerra hanno attizzato tra la nostra gente. Infine non posso neppure sottacere sulle manifestazioni non solamente affatto cristiane, ma neppure umane e civili insorte in occasione di questo amaro evento che ha portato a galla le vicende tragiche che molto e molto faticosamente ci stiamo lasciando alle spalle. Ritengo che il tempo non soltanto dovrebbe lavare, ma anche farci prendere le distanze dalla generazione che ne fu travolta e che purtroppo fu protagonista di queste vicende.

La mia condanna sull’eccidio è assoluta, senza alcuna sbavatura e senza alcuna riserva. Però anche in questa occasione debbo registrare la protervia, l’inciviltà, la disumanità e la totale mancanza di pietà del vincitore. Il capitano delle SS è certamente un uomo che ha profanato e dissacrato la sua umanità ed è giusto che l’opinione pubblica ne prenda coscienza e nel contempo ne prenda le distanze, però mi chiedo e chiedo a tutti gli italiani che in questo momento si impalcano a giudici spietati: «Ma il pilota che ha sganciato la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, facendo strage di decine di migliaia di innocenti è forse meno colpevole? E il comandante che gli ha dato l’ordine di portare a termine quella missione, e il Presidente degli Stati Uniti, sono meno colpevoli? Eppure per loro, vincitori, c’è una tomba e forse un mausoleo. Stalin, sulla cui coscienza ci sono non trecento morti, ma una decina di milioni di morti, merita forse un giudizio più benevolo?

Una volta ancora la giustizia è addomesticata e al guinzaglio del vincitore!

Credo che la sacralità della morte che i romani definirono con la sentenza “Parce sepulto” dovrebbe essere rispettata da tutti e in ogni tempo, mentre una volta ancora viene ridotta a paravento per nascondere l’aspetto più disumano dell’uomo. Finché si continueranno ad usare le parole che esprimono i valori più alti, quali libertà, giustizia, verità, democrazia, a nostro uso e consumo, anzi per nascondere le nostre vergogne e meschinità, non si potrà parlare di civiltà.

Anche in occasione della morte di questo criminale di guerra penso che l’Italia non abbia scritto una pagina nobile ed umana. Credevo che si fosse voltata pagina, mentre constato che siamo ancora indietro di secoli.

18.10.2013

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