La gente non vuol fare i mestieri che richiedono sacrificio

Finora l’Angelo l’ho conosciuto soprattutto dal lato estetico. Ripeto per me il nuovo ospedale è una delle sette o nove meraviglie del mondo, di cui vado fiero.

Prima di questo ultimo ricovero, ho ammirato il paesaggio collinare che lo circonda, i cipressi che mettono in rilievo il verde dei prati e l’incrocio armonioso delle strade, l’entrata solenne, il giardino pensile che ti fa sentire in una isole delle Hawaii, la cappella in cui celebro da più di due mesi, le celle mortuarie, ma non mi ero reso conto dell’immensità della struttura e della sua estrema funzionalità, checché ne dicano i critici di turno e i politici che per quarant’anni hanno speso in sovrabbondanza soldi e chiacchiere. Ora ho sperimentato da dentro il disegno e la disposizione intelligente per rendere più efficiente la struttura e per risparmiare sul personale.

Credo che noi dobbiamo andar fieri circa la sanità a Mestre: pulizia estrema, abbondanza e nitidezza nella biancheria, efficienza nel corpo infermieristico, competenza ed umanità in quello medico.

Cibo vario, abbondante e buono, strumentazione d’avanguardia.

Ho potuto, per onestà, notare due fattori, non dico negativi, ma che fanno pensare.

Il primo, si chiede al personale di lavorare sodo, credo che tra l’altro si sia studiata la struttura in modo tale per cui gli operatori non possono rintanarsi e perder tempo. Ricordo che molti anni fa un infermiere mi tolse la flebo dicendomi: “Don Armando questa notte la lascio riposare” e il mattino dopo un suo collega mi confidò che nella nottata avevano fatto una splendida spaghettata!

Non credo che all’Angelo sia facile ripetere questa impresa!

La seconda che il personale infermieristico è composto solamente da giovani donne, belle, con belle divise premurose finché vuoi, ma solo donne. Pare che i giovani disertino questo lavoro perché non sufficientemente retribuito, fatto di turni, di riposi collocati nei tempi meno appetibili. Per le retribuzioni non dovrebbe essere difficile ovviare a questa difficoltà, ma per quanto riguarda il sacrificio la cosa è certamente più impegnativa.

In Italia bisogna, a mio parere, avviare una rivoluzione culturale perché non è possibile che non ci sia più chi vuol fare il panettiere, l’apprendista, l’artigiano solo perché richiede sacrificio. Se le cose andassero ancora così, vorrebbe dire che la decadenza è ormai fatale!

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