Le nostre colpe

Ci è stato insegnato fin da bambini a riconoscere le nostre cattiverie e a batterci il petto in segno di pentimento. Continuo, come tutti i praticanti, a farlo all’inizio della messa prima di incontrarmi con nostro Signore. Purtroppo, molto spesso questo atto si riduce ad essere puramente formale, o al massimo esprime il dispiacere per qualche cattiveria appena commessa.

Almeno per me, è molto raro che la mia “confessione” sia una vera ammissione di colpa nei riguardi di Dio e della società alla quale il mio peccato arreca sempre quella rottura di armonia che è invece la condizione essenziale per un buon vivere. Meno che meno il mio battermi il petto esprime il dolore per le cattiverie attuali e passate commesse dalla comunità a cui appartengo.

Papa Vojtyla prima, e Ratzinger poi, hanno compiuto questo gesto profetico. Sono assolutamente convinto che per questi uomini di Dio la richiesta di perdono sia stata una vera ammissione di colpa per i peccati gravi della Chiesa. Non credo però che la loro “confessione” abbia coinvolto anche l’intera comunità cristiana, come sarebbe giusto che fosse. C’è stato anzi qualcuno che si è ufficialmente dissociato da questa ammissione di colpa.

Ora che la televisione digitale ci offre la possibilità di una informazione più vasta, ho scoperto il canale “Rai storia”, che seguo con estremo interesse. M’è capitato di vedere, qualche settimana fa, i locali sotterranei appena aperti al pubblico, ove la “Santa” Inquisizione, fino a pochi secoli fa, sedeva in tribunale e soprattutto le prigioni orride ove i condannati per “delitti di pensiero” dovevano scontare lunghi anni di detenzione: un orrore da far rabbrividire!

Ho pensato, con infinita tristezza, ai discepoli del poverello di Assisi e di san Domenico, che si sono prestati a questa operazione così disumana e soprattutto così opposta al pensiero di Gesù, ed ho concluso che in ogni caso l’uomo non può e non deve mettere mai a servizio di qualsiasi apparato, sia pure quello della propria Chiesa, se questo non è conforme alla propria coscienza e alla propria umanità. Ho pensato pure che anch’io sono figlio di quella colpa e che io pure posso rendermi colpevole di questi crimini, perciò debbo battermi il petto per motivi di solidarietà esistenziale, anche per le colpe della mia Chiesa, colpe che non sono poche né piccole.

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