Qualche giorno fa, prima ho letto sul “Gazzettino” e poi, il giorno dopo, ho ascoltato alla radio, una notizia piuttosto singolare. Il sindaco di Meolo, un paesotto ad una ventina di chilometri da Mestre, aveva scoperto che per conoscere meglio i suoi amministrati e stabilire con essi un rapporto più costruttivo, era una buona idea andarli a visitare nelle loro case, piuttosto che attenderli nel suo ufficio nella Casa Comunale.
La notizia ha sorpreso gli operatori dei mass-media per un verso, ossia perché è piuttosto insolita una soluzione così intelligente e democratica come questa del primo cittadino di Meolo. Io invece sono rimasto sorpreso per un altro verso, per il fatto che quella che era una vecchia prassi adottata da quasi tutti i parroci anziani, e poi abbandonata col pretesto che fosse vetusta e superata, ora quasi completamente abbandonata dalle nuove generazioni di ecclesiastici, sia stata riscoperta a livello civile tra il plauso, non solamente dei concittadini amministrati, ma dall’opinione pubblica più avanzata, come soluzione d’avanguardia che attua il principio “porta a porta” e del contatto personale, come ormai sta avvenendo per le competizioni elettorali anche nei grandi Paesi del mondo.
Povere parrocchie, ma soprattutto poveri preti: assumono la prassi retributiva dei Paesi socialisti, quando questi le hanno abbandonate perché favoriscono il disimpegno e la tentazione di non far nulla e abbandonano prassi consolidate e sicuramente efficaci benché impegnative e faticose.
Proprio in questi ultimi tempi il “Datore di lavoro dei sacerdoti” ha fatto, attraverso la pagina del Vangelo domenicale, alcune affermazioni piuttosto ostiche ma precise a proposito dei suoi aspiranti discepoli: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma il figlio dell’uomo non ha neppure una pietra su cui posare il capo» – «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti» – «Chi pone mano all’aratro e poi si volta indietro è adatto per il Regno».