Ho incontrato un Pope

Ormai sono rimasto uno degli ultimi preti che, secondo i giovani preti, hanno il malcostume di accontentare i fedeli che desiderano che si reciti una preghiera e che si invochi la benedizione del Signore prima che il legno copra per sempre dal loro sguardo il volto dei propri cari prima della sepoltura. Lo faccio un po’ perché l’ho sempre fatto, un po’ perché convinto che una preghiera in più non faccia male e soprattutto per non spezzare quel sottile legame di fiducia che unisce il sacerdote al popolo di Dio.

Qualche giorno fa mi sono recato nella sala mortuaria del Policlinico per adempiere a questo gesto di carità cristiana. Quando arrivai c’era un pope ortodosso che stava compiendo lo stesso servizio religioso nei riguardi di un connazionale morto a Mestre. Sono ormai molti i cittadini dei Paesi dell’Est europeo che abitano da noi e quindi non sono infrequenti gli eventi luttuosi anche per questi ospiti della nostra città.

I riti religiosi della liturgia orientale non sono veloci e sbrigativi come da noi, indulgono in lunghe preghiere, canti e gesti quali l’aspersione con l’acqua benedetta ed incensazioni varie.

Essendo io sopraggiunto quando quest’altro ministro del Signore adempiva al suo compito, me ne stetti in disparte partecipando intimamente al dramma dei pochi presenti che, al dolore per la perdita di un loro congiunto, dovevano dargli l’ultimo saluto in terra straniera, lontano dalla loro gente, quasi sopportati per preghiere e vesti religiose diverse.

Il pope si accorse che io stavo aspettando, pazientemente e rispettosamente, che lui finisse. Terminata la sua lunga preghiera si avvicinò a me e mi diede il rituale abbraccio di pace, ma con calore e sincerità. Ne fui molto felice, vergognandomi quasi che la mia naturale riservatezza non mi spinga mai a gesti del genere.

E’ certamente bello ed opportuno coltivare nel cuore sentimenti di fraternità universale, ma è ancora più bello esprimerli esteriormente con calore ed amicizia fraterna.

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