Samaritani oggi

Per istinto, per educazione e per scelta mi sono sempre interessato, anzi, sono sempre stato fortemente coinvolto dai doveri che ho verso il prossimo, qualsiasi sia la sua condizione di vita.

Faticosamente sono arrivato a delle conclusioni che ho avuto modo, anzi che ho sentito il bisogno e il dovere di renderne compartecipi sia le persone con le quali vivo la mia vita, ma anche con quelli che vivono nella mia comunità cittadina.

Talvolta m’è parso che le mie conclusioni, sulle quali molto ho riflettuto e sulle quali spesso mi sono pure confrontato con gli altri a livello umano e religioso, fossero finalmente definitive e tranquille; in realtà debbo constatare che non è proprio così. So di certo che per molti altri miei colleghi le cose non stanno così e che han risolto questo problema con alcune battute: “Ci pensino i servizi sociali del Comune”, o “vadano alla Caritas o alla San Vincenzo” oppure in maniera più sbrigativa: “Si diano da fare!” Per me, non so se fortunatamente o sfortunatamente, le cose non stanno così e quel “ama il prossimo come te stesso” oppure “avevo fame, ero ammalato” ed anche “ero in carcere e tu…” mi rimangono come dei chiodi infissi nel cuore e nella coscienza e che, non appena incontro una persona in difficoltà e che mi chiede aiuto, cominciano a farmi male e a sanguinare.

Ripeto ancora una volta che mi sono ripromesso di dare uno o due euro ai mendicanti ormai endemici, di offrire un’offerta più consistente tramite il parroco del richiedente per situazioni più gravi e dedicare tutto il resto dei miei risparmi alla realizzazione di strutture, che, a detta del mio maestro monsignor Vecchi, aiutano seriamente tante persone in difficoltà non per un giorno, ma per decine d’anni e forse per secoli!

Fatta questa premessa, voglio raccontare al riguardo due casi emblematici. Circa un paio di mesi fa s’è presentata al Centro Don Vecchi una giovane donna, che ha domandato di me perché aveva una cosa urgente da dirmi. Mi disse che aveva fissato per una certa ora dello stesso giorno un esame a livello tumorale, ma non aveva gli 86 euro che le occorrevano. Ebbi subito la sensazione che l’anno scorso una signora della stessa età mi abbia presentato una situazione pressoché simile e lo stesso urgente, dicendomi che il giorno dopo mi avrebbe reso il debito, ma poi non s’è fatta più viva. Rimasi perplesso, ma poi prevalse in me il dubbio che non fosse lei. Le diedi i soldi richiesti, somma che lei mi disse che me l’avrebbe restituita il giorno dopo prima della Messa delle 10:00 che celebro ogni domenica nella chiesa del cimitero. Ella però non si fece più viva.

Eccovi la seconda storia. Ieri dalla segreteria del Don Vecchi mi telefonarono che un signore desiderava parlare con me. Andai e questi mi raccontò che era disoccupato da un paio d’anni e non riusciva a trovare lavoro, bollette ed affitto da pagare. Gli dissi che doveva rivolgersi al suo parroco, perché sono ancora convinto che ogni comunità cristiana deve farsi carico dei suoi poveri, anche se so che in realtà le cose non vanno così. Replicai: “Chi l’ha mandato da me?” Mi rispose che era stata una signora. Purtroppo è vero che ci sono signore e pure colleghi che trovano quanto mai comoda questa soluzione. Infine non sapendo che dirgli ancora, gli chiesi che professione facesse ed egli gelido ed un po’ beffardo mi rispose: “Il mendicante!”. Gli diedi 5 euro e se ne andò senza protestare. Ho chiesto lumi al mio angelo custode, ma pure lui rimane perplesso e mi sta lasciando tormentare nel mio dubbio.

Oggi mi rendo conto che è ben difficile fare il samaritano! Comunque quello della parabola del Vangelo sta là a ripetermi che egli è sceso da cavallo, ha curato il malcapitato disteso per strada, l’ha portato nella locanda e si è fatto carico della spesa! Mi chiedo: “Posso io far diversamente?”.

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