“Corsi e ricorsi” della pastorale

Ad esser vecchi, e preti vecchi in particolare, non ci sono solamente lati deboli quali la fragilità fisica e mentale, la costante sensazione d’essere superati ed ormai fuori corso, ma a pensarci bene ci sono anche dei vantaggi perché l’età ti offre un osservatorio tale per cui puoi vedere dall’alto le vicende non solo della vita, ma pure delle tensioni religiose e pastorali che si sviluppano col succedersi degli anni.

Ad essere onesto, vi confesso che sono stato fortemente tentato di usare il termine “mode” piuttosto di quello più cauto e rispettoso di “tensioni”! Comunque vada per “le tensioni”!

Io, che tutto sommato, mi trovo per età in un osservatorio naturale che abbraccia quasi un secolo, ed essendo stato per scelta un appassionato osservatore di queste tematiche, credo di poter dire che la teoria dei “corsi e ricorsi storici” di Vico ho potuto verificarla personalmente anche in questo settore pastorale.

Ad esempio, per quello che riguarda la predica, o chiamiamola più elegantemente “l’omelia” del sacerdote, ricordo bene lo stile, le argomentazioni usate dai sacerdoti della mia infanzia, come ho potuto apprendere che, in seguito, gli “esperti del mestiere” hanno parlato di predica di stile catechistico, poi biblico, quindi carismatico, ora antropologico ed altro ancora. Così dicasi per i sacramenti dell’iniziazione cristiana: prima nell’età adolescenziale, poi con san Pio X, prima comunione e cresima ai fanciulli, ora si ritorna all’età più avanzata.

A sentire i neocatecumenali, movimento oggi quanto mai diffuso, si auspicherebbe quasi di ribattezzare gli adulti, perché il battesimo ai bambini è ritenuto una scelta abnorme ed infelice. Faccio questa lunga premessa per arrivare ad un tema di scottante attualità.

Don Sandro Vigani, sacerdote intelligente e giornalista brillante, ha scritto un articolo nel quale ha ridimensionato alquanto il valore pastorale dell’attività estiva denominata “Grest”.

I sacerdoti zelanti approfittano dell’inizio della stagione estiva per prolungare in maniera seppur annacquata la catechesi dei fanciulli e degli adolescenti, puntando evidentemente a ravvivare la proposta cristiana fatta durante l’anno e a far vivere i ragazzi all’ombra del campanile, ed ammettiamo pure, a dare una mano alle famiglie, ora che papà e mamma quasi sempre lavorano, prima che i ragazzi vadano in vacanza assieme ai genitori.

Io, purtroppo, non ho letto questo articolo, ma solamente un commento di  don  Angelo  Favero  che  ne radicolizza la tesi, ed un commento di don Gianni Antoniazzi che non smentisce la tesi di don Sandro né di don  Angelo,  ma  solamente  la attutisce dicendo che queste attività, come i campi scuola, le attività degli scout, l’impegno per i vecchi e per i poveri non sono la sostanza della vita cristiana, ma solamente un qualche supporto, avvallando tutto sommato la tesi  che dovremo maturare la religiosità dei nostri ragazzi con studi di carattere teologico e biblico.

Non so proprio come andrà a finire questa diatriba, ma dall’alto del mio osservatorio quasi centenario, penso che essa rappresenta una delle tante curve della strada del vivere umano, e a poca distanza di tempo vi sarà un’altra svolta di segno opposto, che qualcuno  riterrà  provvidenziale e qualche altro esiziale.

Io, pur non volendo far polemica, non condivido questa tesi di don Sandro, di don Angelo e pure di don Gianni, pur ritenendoli dei bravi preti, che tutto sommato con la loro critica, segno di passione e di ricerca, favoriranno una presa di posizione più cosciente e più responsabile, che favorirà la messa a punto di questo strumento pastorale rappresentato da quelle attività che un famoso mistico ha definito, tanto tempo fa, le “stampelle dell’apostolato!”

Ricordo che nel `68 i cristiani che si ritenevano all’avanguardia facevano una osservazione quanto mai altisonante, ma per me, ingenua e teorica: “la Comunità fa l’Eucarestia e l’Eucarestia fa la Comunità”; evidentemente per questi cristiani era auspicabile che sbaraccasse tutto l’impianto di allora.

Ricordo che a San Lorenzo avevamo più di millecento iscritti alle associazioni di tipo religioso e questa ventata innovativa in sei mesi le ha divelte tutte, costringendo i preti meno radicali a rimboccarsi le maniche, a ricominciare da capo con tanta fatica, a costruire quel grande macchinario che, pur non essendo la quintessenza del messaggio evangelico, mantenne vivo il messaggio dei vangeli nel cuore delle generazioni che si susseguono.

Ricordo un discorso di Monsignor Bosa, che in quel tempo, mezzo secolo fa, era l’assistente diocesano dell’azione cattolica, discorso fatto a noi giovani preti: “Se seminate nel cuore dei bambini il buon seme di Gesù, essi fattosi adulti potranno pure sbattere la porta però prima o poi si potrà gettare un ponte sulla testata che noi abbiamo costruito, altrimenti non si potrà mai avere nostalgia dell’ignoto”.

Ribadisco ancora una volta, correndo non solamente il pericolo di ripetermi e poi di vantarmi di risultati per i quali tante brave persone hanno dato il contributo che, se nella mia vecchia parrocchia non ci fossero stati i cento chierichetti, i duecento scout, i gruppi di formazione, le case in montagna, le mostre d’arte, i concerti, i gruppi degli sposi, le visite alle famiglie, i periodici, penso che ben difficilmente alla messa festiva avremmo avuto il quarantadue per cento di presenze, come invece è avvenuto.

Debbo confessare che io sono per un cristianesimo dal volto umano; infatti ho sempre preferito poche verità “chiare e distinte” come, ad esempio, “Ama Dio e il prossimo” per citare Gesù e, per citare la chiesa “le opere di carità materiali e spirituali”, alle complicazioni di carattere biblico e dogmatico.

Però io sono non solo del secolo scorso, ma pure del secondo millennio!