Ideali con le gambe

Ho già scritto di ciò che l’onorevole Vincenzo Gagliardi, l’ex dirigente dell’Azione cattolica veneziana prestato al partito della Democrazia Cristiana, mi ha insegnato tanti anni fa. L’onorevole deputato mi disse un tempo che passano ed attecchiscono solamente i valori che hanno le gambe! Quando gli chiesi ciò che significasse questo discorso per me ermetico, mi rispose che incidono nella coscienza dei cittadini solamente i discorsi e i messaggi vissuti da chi li offre agli altri.

Questa formula la adopero da allora come la prova del nove nei riguardi dei politici, uomini cultura, sociologi, preti o vescovi che siano. Quando li vedo coerenti a quel che dicono, mi levo tanto di cappello e mi lascio mettere in discussione, però quando incontro il parlamentare di sinistra con lo yacht, il monsignore con la BMW, che parlano con enfasi di carità o di solidarietà, definisco subito questi discorsi come “aria fritta” e specchi per le allodole; e perciò mi volto dall’altra parte.

Passato e futuro della carità

Il cardinale Scola mi pare abbia stimmatizzato l’inattività e il piangersi addosso dei veneziani, invitandoli a credere in se stessi ed a giocare il ruolo che loro compete, avendo alle spalle la tradizione gloriosa della Serenissima.

Il vecchio Patriarca alle parole ha fatto seguire l’esempio, creando dal nulla una nuova università: il Marcianum.

M’è piaciuto ed ho condiviso la sua scelta di non rimanere ai bordi dei problemi della nostra città e il suo sforzo di essere sempre protagonista negli eventi importanti della città tentando di offrire a tutti i livelli e in ogni circostanza il contributo che attingeva dal pensiero cristiano.

Spero tanto che il nuovo Patriarca gli sia complementare, sviluppando la dimensione orientale della proposta cristiana: la carità, componente essenziale del messaggio di Gesù, rianimando e mettendo in rete strutture e servizi nati nel passato. Noi del “don Vecchi” gli offriamo fin da subito due progetti ambiziosi ed innovativi: “La cittadella della solidarietà”, che è andata a finire nel limbo, e il “Villaggio solidale”, che sta “germogliando” agli Arzeroni. La componente orizzontale della Chiesa veneziana oggi ha particolarmente bisogno!

Il fraticello

Un paio di anni fa un bel ragazzo mi disse che si sentiva chiamato ad impegnare la sua vita per qualcosa che conta davvero. In quella occasione mi donò settantamila euro, la sua ricchezza, perché voleva presentarsi al Signore libero e senza legami. Ho seguito da lontano il suo itinerario religioso ed egli la mia vita di vecchio prete. Ogni settimana gli ho mandato “L’incontro”, è stato il mio piccolo contributo alla sua formazione religiosa.

Un paio di settimane fa Lorenzo mi ha mandato la sua foto, vestito da fraticello francescano, assieme a quella di sei compagni che hanno pronunciato i primi voti di povertà, castità e obbedienza.

Di primo acchito mi è venuto da pensare: “chissà che i frati non lo rovinino!”, perché non tutte le mie esperienze in questo settore sono state esaltanti. Poi ho pensato a Francesco d’Assisi, lieto e povero e l’ho affidato alla sua scuola. Però non ho saputo resistere alla tentazione di scrivergli: «Sii te stesso perché il Signore ti ha fatto unico ed irripetibile!”. Sono sempre stato sospettoso delle “regole” quando tentino di produrre uomini tutti uguali col marchio di fabbrica.

Il nostro tesoro

Venerdì 10 agosto lo studio di architettura Mar-Cecchi-Casaril ha presentato in Comune e in Regione il progetto del “don Vecchi 5”, prima struttura del “Villaggio solidale degli Arzeroni”.

Proprio il 10 agosto la Chiesa celebra il martirio e il messaggio del diacono di Roma san Lorenzo. Questo santo mi è particolarmente caro perché nella chiesa del duomo di Mestre a lui dedicata ho vissuto i primi 15 anni del mio servizio sacerdotale e perché san Lorenzo mi ha fornito una indicazione determinante nel mio modo di impostare il mio sacerdozio.

S. Lorenzo disse, indicando i poveri al prefetto, espressione della società di allora: «Questa è la ricchezza della mia Chiesa». Oggi, con un pizzico di orgoglio, posso anch’io ripetere alla città: «Questa è la mia ricchezza: i poveri!» Di ciò sono felice, spero però di non andare a finire in graticola per questa mia scelta!

Celebrazioni nella chiesa “Santa Maria della Consolazione” nel cimitero di Mestre

Ricordiamo che dal primo di ottobre la Santa Messa feriale è celebrata alle ore 15 mentre quella festiva rimane alle ore 10.

L’orario delle celebrazioni in occasione dei Santi e dei Morti è esposto alle porte del cimitero e nella bacheca della chiesa.

IL PATRIARCA CELEBRA IL PRIMO NOVEMBRE ALLE ORE 15

Non vado in ferie

In passato non mi costava affatto non andare in ferie durante i mesi estivi. In verità non mi costa neanche adesso, però mi costava alquanto produrre delle scuse per la scelta ideale di non far ferie. La gente non capiva, sembrava una scelta inconcepibile, tanto che finivo per sentirmi quasi in colpa.

Io non vado in ferie per un minimo di coerenza. C’è un mondo di fratelli che sulla terra muore di fame, operai che vivono con 1200 euro al mese, altri in cassa integrazione, altri esodati ed altri infine disoccupati; ed io dovrei andare in ferie perché lo fan tutti?

Un amico di mio fratello don Roberto, che era solito far ferie girando per il mondo, avendo letto che mio fratello – che non fa ferie perché passa l’estate girando le montagne con lo zaino in spalla con gli scout – non condivideva la sua scelta, è arrivato a rompere l’amicizia.

Ogni tanto mi ricordo che Urìa, il soldato di David, che si rifiutava di andare a letto con la moglie – come David, interessato, gli suggeriva affermando: «Come posso io concedermi questo, quando i soldati del mio popolo sono accampati sotto le tende in aperta campagna?»

Ebbene, questo discorso tormenta pure la mia coscienza: ci sono troppi fratelli che soffrono nell’indigenza perché io, prete, possa cedere alla “smania della villeggiatura”.

Lo stesso maestro e discepoli diversi

Un mio collega, che in verità non è la prima volta che afferma di non condividere il mio operato, ha criticato una volta ancora, sul suo periodico, il fatto che io chieda offerte per aiutare i poveri e che io mi adoperi per creare strutture a favore di chi è in difficoltà. Io prendo sempre in considerazione le critiche e perciò ho fatto un serio esame di coscienza.

Ecco le conclusioni: Primo: monsignor Vecchi, che fu mio maestro di vita, diceva che le persone alle quali chiedeva contributi per i poveri dovevano essergli riconoscenti perché li aiutava a far del bene e a guadagnarsi il Paradiso. Io sono ancora di questo parere. Secondo: il mio collega afferma che il prete ha il compito di educare, mentre spetta allo Stato dar risposte e servizi a chi è in difficoltà. A questo proposito Gesù, mio principale, ma anche principale del mio collega, disse ai suoi discepoli – e noi siamo gli epigoni di quei discepoli -«Date voi da mangiare alla folla» e poi, lui in persona, completò l’opera.

Lo stesso Maestro, in altra occasione molto più importante – perché si trattava dei criteri con cui saremo giudicati – disse: «Avevo fame, sete, ero senza vestiti, senza casa, in ospedale e in carcere… e tu?».

Ora il mio collega può pensarla come vuole, ma se vuole pensarla come Gesù, nostro Maestro, sta sbagliando di grosso!

La messa d’estate

Sono stato parroco per 35 anni e per tutti questi anni d’estate e d’inverno nella mia parrocchia il numero e l’orario delle messe festive – estate e inverno – è rimasto inalterato: 8 – 9 – 10 – 11 – 12 – 18 – 19. In più, nel vicino convento delle suore, si celebrava una messa alle 7 ed in cimitero, che è nel territorio della parrocchia, un’altra ogni domenica.

Sentendo talvolta qualche critica di colleghi, ero preoccupato di esagerare e perciò, soprattutto d’estate, contavo le presenze, ma mai siamo andati al di sotto di 70 fedeli per messa, un numero che mi pareva giustificasse la celebrazione.

Forse io sarò stato e sono un maniaco della regolarità e del dovere di servire veramente la comunità però quando, qualche settimana fa, ho letto che in una parrocchia di 4.500 abitanti si celebrava, durante l’estate, una sola messa la domenica, m’è parso che fosse decisamente poco.

Questo è per la messa. Ho però l’impressione che questo criterio sia attuato per tanti altri aspetti della pastorale parrocchiale. C’è stato il caldo, c’è la secolarizzazione in atto, però quello che è poco rimane poco.

L’indotto della crisi

Qualche giorno fa un mio collaboratore mi ha presentato un suo “volontario” che avrà bisogno di un alloggio.

Il breve colloquio preliminare mi ha dato modo di definire subito “il soggetto richiedente”. Da quattro anni e mezzo non paga un affitto convenzionato col Comune a circa 200 euro mensili. Non riesce a trovare lavoro, ha in più, alle sue spalle, una famiglia sfasciata. Le sue figlie vivono con la madre. Negli stessi giorni un signore che mi ha impietosito, mi ha telefonato dicendomi che ha difficoltà a pagare l’affitto, benché i tre mesi precedenti glieli avessi pagati io.

Potrei continuare a presentare casi su casi.

In periodi di floridezza economica questi soggetti riuscivano a campare in qualche modo di espedienti. Ora non più. La crisi ha messo in difficoltà tante aziende, le quali han dovuto chiudere o tirare i cordoni facendo saltare quell’indotto di cui beneficiavano soggetti che in qualche modo campavano sull’efficienza di quelle aziende.

Chi mai, oggi, può assumere qualche soggetto che sia meno che valido? Per mangiare e vestire ancora si trova, ma per dormire è impossibile trovare un posto letto in città.

Avevamo proposto “La cittadella della solidarietà” che prevedeva anche un ostello per le varie gradazioni di povertà. Il progetto è fallito, soprattutto per l’indifferenza dei responsabili della carità della Chiesa veneziana. Ora, al primo incontro col nuovo Patriarca, riproporrò l’iniziativa come una esigenza prioritaria, sperando nel suo appoggio.

La sentenza

L’annullamento del matrimonio da parte dei tribunali ecclesiastici è stato un problema che mi ha sempre lasciato molto perplesso. Teoricamente mi par di aver capito e di condividere che talvolta possano essere compiuti degli atti umani formalmente ineccepibili, ma che nella sostanza mancano di requisiti essenziali, per cui si dovevano ritenere nulli e ininfluenti sulla vita. Ma il meccanismo concreto per questa sentenza impostato secondo gli schemi giuridici, mi ha sempre dato la sensazione di qualcosa di puramente legale che ha poco a che fare con la vita e soprattutto con la fede.

Qualche giorno fa è venuto da me un vecchio amico che mi ha mostrato la sentenza di annullamento del suo matrimonio, nozze che egli ritiene assolutamente valide di fronte a Dio e a cui, in coscienza, si sente di rimanere fedele. Non entro in merito alla sentenza perché non ho né la preparazione né elementi per un giudizio, però da come è redatta e, peggio ancora, per la sua relativa comunicazione, ho avuto la sensazione di qualcosa di talmente freddo, formale, disumano, che di certo non ha assolutamente niente a che fare col senso religioso della vita.

Santa Madre Chiesa credo che tra le tante cose da ripensare, debba fare un pensiero anche a questo tribunale per riportarlo nell’alveo dell’umano e della misericordia di Dio.

L’esercito di Brancaleone

In tutte le mie vicende ho coscienza che l’unico mio vanto è quello di essermi offerto a Dio perché Lui si degnasse di usarmi come suo strumento per realizzare i suoi progetti a favore dell’uomo. Guai se dovessi essere io il responsabile del piccolo e grande polo di carità che opera al “don Vecchi”.

Noi di certo non abbiamo un ufficio di esperti per la selezione del personale. Accettiamo senza alcuna garanzia tutti coloro che si offrono di dare la loro collaborazione. Accanto a uomini e donne che fanno la scelta lucida e generosa di mettere a disposizione qualche ora del loro tempo prezioso a servizio dei fratelli in disagio, c’è un po’ di tutto: elementi mandati dai servizi sociali del Comune per un loro reinserimento, altri inviati dal tribunale per scontare pene alternative al carcere, altri ancora poco “centrati” che il vento sospinge come rifiuti negli angoli morti del “don Vecchi”. Il mio è un autentico esercito di Brancaleone.

Eppure funziona, anzi talvolta è talmente vario e stravagante che finisce per diventare piacevole. Ad agosto abbiamo chiuso per tre settimane per le ferie, ma per molti dei miei operatori questa non è stata una provvidenza ma una condanna a non aver più un rifugio tranquillo ove vivere.

Se non fosse il buon Dio a guidare questa “ciurma” irrequieta e fantasiosa, di certo io non riuscirei a farla funzionare.

Doni intempestivi

Tutti sanno che per poter offrire ogni settimana una borsa di generi alimentari bisogna faticare non poco. Il bussare a tutte le porte, il chiedere aiuto, il “mendicare” sono una necessità quotidiana. Fortunatamente ci siamo fatti un buon nome operando con correttezza e serietà e perciò i supermercati, le aziende del settore alimentare, ci fanno giungere aiuti provvidenziali, ma talora intempestivi. La nostra “catena del freddo” è buona, ma talora congelatori e frigoriferi non bastano.

In questi giorni (diverse settimane fa, NdR) abbiamo avuto la “fortuna” che i congelatori della “Dolciaria mestrina” sono andati in avaria e perciò ci hanno donato 1500 crapfen congelati. Contemporaneamente è arrivato da non so chi un intero furgone di pesce congelato e poiché “piove sempre sul bagnato” ci è pure giunta una grande quantità di mozzarelle giganti che tutti sanno che hanno il tempo contato e perciò abbiamo chiesto al mondo intero di farci il piacere di accettarle in dono.

Sempre in questi ultimi tempi sembra che gli italiani non mangino più meloni e angurie. I nostri duemila “assistiti” avrebbero potuto mangiare angurie e meloni al mattino, a mezzogiorno e a sera e, volendolo, avrebbero potuto fare anche il merendino con questi frutti della terra…

Fortunatamente poi le mucche del nostro tempo fanno latte ben diverso da quello che da bambino andavo a prendere con il pentolino dal contadino vicino a casa. Allora, se non l’avessimo mangiato subito, il giorno dopo diventava “formaggella”, un tipo di “formaggio” ben poco gradevole. Ora le nostre mucche sono state addestrate a far latte che dura sei, sette mesi e perciò, fortunatamente, le tre tonnellate di latte che siamo andati a prendere a Milano da dei benefattori delle suore del “Farina” possiamo distribuirle intatte anche per le feste di Natale.

Il banco alimentare del “don Vecchi” e il chiosco di frutta e verdura relativo sono abbastanza organizzati, comunque è una “guerra quotidiana” per non far scadere gli alimenti che, in genere, arrivano sempre vicino alla scadenza.

Tutti sanno che, in genere, la gran parte di questi alimenti potrebbe essere consumata anche dopo la data fissata per la loro commestibilità, ma oggi è troppo rischioso consegnare alimenti scaduti. Quindi, per non buttare nulla, abbiamo costituito una rete tra i vari enti e con tanta buona volontà e lo spirito di sacrificio dei nostri volontari riusciamo quasi sempre a piazzare gli alimenti in tempo debito.

Una breve supplenza

Don Gianni, il parroco attuale di Carpendo, mi ha chiesto il favore di supplirlo per una decina di giorni essendo impegnato al campo degli scout. Don Gianni quest’anno s’è concesso una “bella vacanza” in una vallata del Trentino a stretto contatto con la natura e soprattutto con duecento scout della parrocchia – tanti sono a Carpenedo i membri di questa associazione.

Le “vacanze” di don Gianni sono veramente eccezionali: ha dormito per terra in tenda, mangiando quello che i cuochi dodicenni riuscivano a cucinare, dal primo mattino a tarda notte in apprensione per i suoi ragazzini che maneggiano l’accetta per le “costruzioni”, in pena ogni volta che uscivano dal campo per qualche “impresa” che solo i ragazzi sanno inventare. Poi, tornato a casa, la gente gli domanderà: «Si è divertito?». Infine persino lui penserà di dovermi essere riconoscente per aver celebrato la messa vespertina per qualche settimana!

Poveri preti! Se tutto va bene, ma è difficile che accada, genitori e fedeli penseranno di essere loro ad avergli fatto un piacere affidandogli il loro figliolo. Ma se qualcosa non andasse, la critica, e peggio l’accusa, è già pronta. Solamente chi, come me, è vissuto per mezzo secolo queste vicende, sa che cosa “costa” una bella parrocchia e l’educazione dei nostri ragazzi!

Quando un tempo partecipavo ai campi scout, aggiungevo ogni giorno alla preghiera di rito che la liturgia stabilisce, un’altra preghiera che sul messale portava il titolo: “Ad petendam serenitatem”, ossia una preghiera perché il buon Dio mandasse bel tempo, perché con la pioggia la vita da campo è una vera calamità.

Nella settimana, da “supplente” ho sempre aggiunto una preghiera perché don Gianni e i suoi collaboratori sopravvivessero alle loro “vacanze”.

Neanche spero che i parrocchiani conoscano il prezzo del tentativo di fare dei nostri ragazzi degli uomini e delle donne per bene, ma prego perché almeno essi non debbano pagare un sovrapprezzo.

Imitatori tardivi

Non ho avuto modo di accertarmi se le stragi dei fondamentalisti islamici che ogni giorno stanno massacrando i cristiani della Nigeria e del Kenia del o del Pakistan, siano ispirate solamente da odio religioso o abbiano anche motivazioni di ordine economico o politico.

In questo secondo caso potrebbero esserci delle attenuanti generiche, che di certo non le giustificherebbero, ma che comunque non le qualificherebbero come assurde e meschine brutalità sacrileghe, come nel caso di motivazioni solamente religiose.

Sono convinto che nell’Islam ci siano comunque i germi di una forma religiosa aberrante, che non ha nulla a che fare con qualsiasi forma di religiosità autentica, sebbene diversa da quella cristiana. Ora però spero si tratti di una scheggia impazzita ed assurda di qualche fedele fanatico di Maometto.

Le guerre sono sempre assurde, disumane ed incivili, quelle di carattere religioso però sono ancor più disumane e deprecabili in senso assoluto. In questo caso poi ci sono due aggravanti particolarmente odiose. La prima è che piuttosto che di una guerra si tratta di una persecuzione, perché i belligeranti sono solamente gli islamici, mentre i cristiani risultano perseguitati ed inermi. La seconda è che degli uomini, per quanto primitivi, civilmente arretrati e frustrati dal colonialismo occidentale, se la prendano con connazionali proprio nel momento in cui si raccolgono in preghiera nelle loro chiese. Della gente che in nome di Dio compie atti che sono esattamente opposti al pensiero e alla volontà di Dio, fan si che siano la negazione di qualsiasi forma di religiosità per quanto primitiva.

Sento ancora il bisogno di fare altre due considerazioni. La prima: sento l’imbarazzo nel fare questa condanna, perché noi cristiani la “prima pietra” l’abbiamo già lanciata nel passato e perciò non abbiamo titolo sufficiente per scandalizzarci di crimini che già abbiamo commesso noi stessi durante i secoli scorsi e li abbiamo commessi in ogni parte del mondo in maniera altrettanto crudele ed assurda e siamo quindi responsabili del cattivo esempio già dato e che nazioni occidentali che si dicono cristiane stanno ancora dando in maniera più subdola ma non meno grave.

La seconda considerazione è che i cristiani, eccetto il Papa, si mostrano a tutti i livelli assai indifferenti, quasi che la sofferenza dei fratelli non li riguardi, tutti presi dalla pseudocrisi economica.

Dio mi guardi dall’auspicare nuove crociate, comunque ritengo che la mobilitazione delle coscienze di tutti i credenti dovrebbe costringere i vertici della società civile e religiosa ad un intervento più significativo e più pressante perché cessi questa mattanza semplicemente assurda, crudele ed odiosa.

Quale giustizia?

Don Gino Cicutto, attualmente parroco di Mira Taglio, ha vissuto con me a Carpenedo i primi anni del suo sacerdozio. Quindi io ho potuto conoscere bene la sua personalità e le sue risorse.

Don Gino è un prete intelligente, ordinato e fedele al suo ministero. A Carpenedo il suo impegno pastorale ha avuto notevole successo riuscendo a mettere in piedi un gruppo di giovani numeroso ed affiatato, a far convivere pacificamente gli scout con i giovani dei gruppi di formazione – cosa davvero non facile – e ha dato vita ad una comunità di catechiste veramente invidiabile.

Il suo stile aveva come punto di forza la pacatezza, l’equilibrio e soprattutto la misura; non era mai polemico, né faceva progetti esagerati, né partiva quasi mai con la lancia in resta come io, invece, facevo e faccio frequentemente ancora.

Pensavo allora che don Gino avrebbe fatto carriera perché faceva sempre il suo lasciando che il mondo gli cadesse accanto, non disturbando alcuno; però è andata così! Sono straconvinto che ha numeri per occupare posti ben più alti che guidare la sua comunità ai confini della diocesi.

Don Gino mi manda regolarmente il periodico della sua parrocchia che io leggo sempre con estremo interesse. Da qualche tempo però noto con simpatia che sta uscendo un po’ dal suo guscio protettivo e prende posizioni. Qualche settimana fa l’ha fatto sognando, seppur garbatamente, a voce alta che il Vaticano sia più sobrio e più modesto. Ora se la prende con la magistratura criticando una giustizia spesso strampalata.

Ho letto quindi con la consueta curiosità, ma con più condivisione, il pezzo che trascrivo, perché da sempre ammiro e mi fa felice chi non se ne sta quieto in un canto, ma prende posizione. Don Gino è arrivato un po’ tardi, però mi fa piacere ugualmente che non subisca passivamente un corpo dello Stato che in questi ultimi decenni, nel suo complesso, non ha fatto onore al Paese con un comportamento discutibile e non esaltante per la posizione che occupa. Ecco il testo.

Stamattina leggo nel giornale della condanna inflitta ad un piccolo commerciante di ferro vecchio che, dopo aver subito per tre volte il furto di materiale di rame, imbraccia il fucile e spara ad alcuni zingari che, dopo aver tagliato la rete di recinzione della sua proprietà, gli hanno rubato ancora del rame, ferendoli non in maniera grave. Il giudice ha ritenuto esagerata la reazione di questo poveruomo, condannandolo a risarcire i ladri con una somma considerevole. Così si è aggiunto al danno anche la beffa. E’ giustizia questa? Tutti affermano che l’aumento della criminalità è dovuto alla quasi certezza della impunibilità per cui i criminali si sentono liberi di rubare, di massacrare di botte, di fare i prepotenti, tanto, alla fine, si beccano al massimo una “denuncia a piede libero” della quale se ne infischiano tranquillamente. E’ per questo che sale di conseguenza il rifiuto verso le tante persone che vivono di espedienti e di furti, non avendo un lavoro con il quale guadagnarsi il pane quotidiano. Spero tanto che il governo Monti si accorga anche di questo e possa correre ai ripari, dal momento che i tanti governi che lo hanno preceduto, hanno contribuito a creare queste situazioni assurde.