Grazie all’assessore Bortolussi per aver concretizzato il “Last minute market”!

Ho ricevuto l’invito ufficiale dell’assessore alle attività produttive, commercio, tutela dei diritti dei consumatori, nuove professionalità e lavoro atipico, dottor Giuseppe Bortolussi, a prendere parte alla conferenza stampa di presentazione dell’avvio ufficiale del progetto “Last minute market” indetta presso la sede municipale di Mestre, sala del Consiglio.

Credo che per l’assessore Bortolussi, che si appresta ad essere candidato a governatore del Veneto, sia questa una bella soddisfazione e soprattutto sia quanto mai contento d’essere riuscito a liberarsi da questa brutta gatta da pelare.

Farò di tutto per poterci andare. questo invito però mi ha riempito l’animo di un sentimento, spero di legittimo orgoglio.

Ho scoperto la possibilità del recupero dei cibi in scadenza almeno sei sette anni fa leggendo la notizia sulla stampa sull’iniziativa del Comune di Bologna.

Nella sostanza si tratta che gli ipermercati mettono a disposizione i cibi in scadenza ed in cambio il Comune abbassa la tassa di smaltimento.

Ho tentato subito l’avventura in solitaria senza alcun risultato. Mi sono rivolto in Comune, ricevendo promesse che sono poi risultate campate in aria senza alcun fondamento.

Sono passato di assessore in assessore da funzionario a funzionario ottenendo promesse, ma non risultati. Finalmente un anno fa sono approdato a Bortolussi, il quale probabilmente pensava che la cosa fosse più semplice, d’altronde non poteva che andare avanti, dietro c’era il fuoco incrociato dei giornali di Mestre, sollecitati da un certo “don Camillo” ora l’uno, ora l’altro sono interventi ed un cecchino costante e fastidioso sempre pronto a sparare un colpo!

Si prenda chi vuole il merito, a me interessa che i poveri abbiano almeno “le briciole” che cadono dalla tavola dell’Epulone!

Grazie ai “Paradiso bond” ho fatto conoscere a tutti gli alloggi protetti per anziani!

L’onda lunga dei “Paradiso bond” continua a lambire l’opinione pubblica, non c’è stata testata giornalistica o televisiva che non abbia raccolto la notizia e non l’abbia rilanciata ai propri ascoltatori o spettatori.

Come ripeto, i mass-media non sono stati interessati più di tanto dal fatto che un vecchio prete stia tentando di racimolare i quattrini per aprire una nuova struttura per anziani poveri e che voglia far prendere coscienza alla propria città che non può lavarsi le mani di fronte al problema che i vecchi, con le loro pensioni modeste, non ce la fanno a pagare l’affitto e a mantenersi e quindi non è giusto che si sentano mortificati di pesare sui figli.

L’interesse invece è nato perché il ragazzino di un tempo, diventato intelligente giornalista, ha avuto la sensibilità e l’intuizione che la richiesta di sottoscrivere “un’azione fasulla” di 50 euro e peggio ancora la richiesta di un’offerta di questa cifra modesta alla portata di tutti, sarebbe stata più incisiva se tradotta in un linguaggio d’avanguardia “bond” e fosse stata avvicinata al concetto rifiutato dalla cultura corrente, della famigerata “vendita delle indulgenze” al tempo della Riforma Protestante. (acquisto del Paradiso mediante il vil denaro)!

L’operazione ha funzionato fin troppo, e alla distanza di quasi un mese ricevo ancora richiesta da parte di testate soprattutto televisive.

Molto probabilmente non incasserò euro a palate, e quindi dovrò continuare a mettere via centesimo su centesimo, ma almeno avrò fatto conoscere all’intero Paese l’iniziativa del don Vecchi, con la sua soluzione così attenta e rispettosa al diritto degli anziani di vivere gli ultimi giorni e di morire senza dipendere dalla carità degli altri in strutture signorili e serene.

Un incontro bello e utile per il futuro

Qualche giorno fa ho ricevuto un gruppetto di aspiranti consiglieri della Regione che hanno motivato la richiesta dell’incontro per avere un parere e dei suggerimenti da inserire nel programma da attuarsi, qualora la coalizione alla quale appartenevano, avesse vinto la competizione elettorale.

Le mie esperienze e le mie competenze sono ben limitate e riguardano comunque lo stato sociale, soprattutto nel settore della residenza per anziani.

Ho avuto piacere di esporre quanto ho maturato in questi quindici anni di attività al don Vecchi per quello che riguarda gli alloggi protetti. Credo che questa gente, che fa politica, sia sollecitata da mille istanze e da mille esigenze e perciò il piccolo tassello di cui mi occupo e l’esperienza empirica che vado facendo è certamente ben poca cosa confrontata alle problematiche complesse che deve affrontare la Regione, realtà che va sempre più sviluppandosi come ente sempre più autocefalo.

Io sono sempre più convinto che le soluzioni arrivano quando si dà vita ad una cultura che matura gli organi dello Stato e la collettività a soluzioni che qualcuno ha studiato e sperimentato.

Soprattutto in questi ultimi quindici anni il discorso degli alloggi protetti per anziani, s’è dimostrata una realtà vincente e credo che non si sia lontani che Comune, Regione ed infine Stato, lo recepiscano nel loro ordinamento e promuovano leggi ad hoc.

Oggi ho ricevuto una delegazione comunale e ho ribattuto il chiodo. Ottenere consenso da spiranti amministratori è perfino troppo facile, però credo che nella loro coscienza rimanga un segno che io poi mi farò premura far riemergere.

Una lettera che mi ha riportato al “piccolo mondo antico”

Nota della redazione: lettera e risposta di don Armando sono pubblicate nel numero dell’Incontro del 28 febbraio 2010, che -ironia della sorte visto l’argomento-, trovate anche online.

Oggi ho ricevuto una bellissima lettera di una cara signora, che conosco almeno da quarant’anni e che ha generosamente collaborato con me lungo tutto questo tempo.

Ho gradito quanto mai la lettera perchè ricca di sentimento e di simpatia, intelligente ed ordinata.

Ci vediamo poco, ognuno è sempre di corsa e crede di non aver tempo per conversare amabilmente, motivo per cui ella ha sentito il bisogno di mettere per iscritto sentimenti ed amicizia.

La lettera mi è stata particolarmente cara anche perché rappresenta un ricordo di quel “piccolo mondo antico” che ormai è praticamente scomparso e che usava la lettera per costruire e sviluppare amicizia.

Oggi la gente non scrive più, manda messaggini con il telefonino, fa gli auguri a mezzo mondo premendo un tasto del computer, ma tutto è così anonimo e sintetico per cui le parole sembrano pronunciate da un robot o da un merlo parlante che conosce al massimo cinque o sei parole e adopera sempre quelle per i motivi più diversi.

Ogni anno per Natale e Pasqua ero solito attaccare, a festone, sulle porte del mio appartamento biglietti di auguri perché le immagini, i colori e le frasi augurali mi davano una sensazione di festa e mi tenevano compagnia. Quest’anno ero tentato di non farlo più perché avevo la sensazione che i messaggini, che io cancello senza degnarli di uno sguardo, avessero già soppiantato le calde e belle frasi augurali profumate d’affetto e di sentimento.

Mi costava però abolire una tradizione, e quindi ho rifatto ancora una volta i festoni, coprendo quasi tutte le porte; la varietà dei colori e dei disegni è ancora quella di un tempo, ma la stragrande maggioranza sono biglietti inviati da enti pubblici e da aziende che hanno impiegati a disposizione per questo compito.

E’ ben difficile trovare profumo, poesia, affetto in questi cartoncini colorati. Fortunatamente la bella e cara lettera della signora Laura ha mitigato l’anonimato e l’organizzazione delle pubbliche relazioni!

Le feste della vita e della religione stanno morendo di inedia anche per questo nuovo virus virtuale!

“Ricordati delle ultime cose e non perirai”

Stampiamo ogni settimana 4500 copie de “L’incontro”, e semmai ne rimane qualche decina, vengono ritirate e rimesse in circolazione immancabilmente la settimana successiva, quindi abbiamo almeno 4500 lettori. Se poi fosse vero quello che gli esperti del settore affermano, che ogni copia viene letta da quattro cittadini, dovremmo concludere che 18.000 mestrini leggono il nostro settimanale. Veramente un bel numero!

Qual’è l’associazione, il movimento o la parrocchia che ha un pubblico così vasto e fedele?

Il “ritorno” di questa abbondante proposta è però piuttosto scarso; sono relativamente pochi i lettori che ci fanno pervenire il loro parere.
Qualche complimento qualche rara osservazione, ma nulla più!

Qualche giorno fa uno dei miei fratelli, che è un attento e fedele lettore del periodico, mi ha fatto un’osservazione che anche qualche altro, nel passato, mi aveva già fatto trapelare. Osservazione a cui voglio in qualche modo rispondere. Mi diceva Luigi, così si chiama questo piccolo imprenditore della serramentistica: “Il discorso sulla vecchiaia e la morte è perfino troppo ricorrente su L’incontro!”

E’ vero! Ho una qualche giustificazione istituzionale in quanto il periodico è il portavoce dei “Centri don Vecchi” struttura per anziani – della Pastorale del lutto e della chiesa del cimitero e per di più ha come direttore un ottantenne.

Con queste premesse sarebbe un po’ strano che parlasse di giovinezza, di economia, di divertimento per quanto sano!

Quindi chiedo ai lettori di annacquare la dose sull’argomento leggendo un qualcosa di altro, di più allegro.

Ricordo però a tutti la massima ch’era spesso sulle labbra del vecchio Papa Roncalli “Ricordati delle ultime cose e non perirai” e le ultime cose sono, piaccia o non piaccia: morte, giudizio, inferno e paradiso!

Oggi servono meno parole ma che siano chiare!

L’uomo ha sempre parlato, la parola è il mezzo indispensabile per uscire dall’isolamento e comunicare bisogni ed offerte.

Un tempo però l’uomo comunicava con i singoli o a un gruppo ristretto di persone. Anche i grandi comunicatori per quanto dotati di voci stentoree e collocati in posizioni vantaggiose per farsi udire potevano farsi sentire da gruppi relativamente ristretti di uditori.

Da quando Gutemberg ha scoperto la stampa e soprattutto da quando l’uomo ha avuto a disposizione il microfono, la radio, la televisione ed ora anche internet, anche il più umile e modesto dei comunicatori, potenzialmente e senza grandi difficoltà, può comunicare con gli abitanti del mondo intero.

Questa possibilità offerta ad ogni cittadino del mondo è certamente una splendida conquista, purtroppo però c’è sempre il rovescio della medaglia, la parola si è inflazionata, svilita, quasi totalmente svuotata di significato, tanto da diventare una mosca molesta e fastidiosa da scacciare perché importuna.

Ora c’è il grande problema di riempire la parola di contenuti e di autorevolezza.

Oggi c’è il rimpianto e la nostalgia dell’uomo saggio e pensoso, che pur pronunciando poche parole offre messaggi e valori per la vita.

Cristo, non solo c’è riuscito ma si è fatto apprezzare dai suoi cittadini perché “parlava con autorità” e non come gli scribi. Cartesio, il filosofo, ha fatto suo l’insegnamento di Cristo e dei grandi pensatori dell’antichità quando parla delle “Idee chiare e distinte”.

Oggi il problema non è più quello di comunicare, ma quello di riempire la parola di saggezza, di contenuti veri, elaborati con pazienza, nella riflessione e meglio ancora confrontate con la Parola di Dio.

Di natura mia sono parco di parole, e questo è sempre stato un cruccio consistendo la mia missione nel passare il messaggio, ora mi viene da concludere che sia un dono quello che un tempo pensavo fosse una deficienza.

L’eredità che lascerò

Il nostro mondo mi pare che assomigli sempre più ad un rullo compressore, che stritola tutto quello che trova e rende appiattite ed irriconoscibili le persone anche quando sono personaggi notevoli.

Fino ad una ventina di anni fa era nota a tutti la bella e singolare figura di Raoul Follerau, l’apostolo dei lebbrosi.

Questo francese con la faccia rotonda e dalla “farfalla vistosa” al posto della cravatta, quasi sempre in compagnia della moglie, il quale appoggiandosi al bastone da passeggio, girava in lungo e in largo il mondo per portare avanti la sua impegnativa e provvidenziale “guerra” contro la lebbra, quella terribile malattia che fino a poche decine di anni fa imperversava in particolare in Africa, ma anche nell’America del Sud e nei paesi dell’Estremo Oriente.

Raoul Follerau, oltre che ad essere un apostolo, che si è assunto la splendida missione di liberare i lebbrosi del mondo dalla malattia che deforma il loro corpo e li costringe ad una vita penosa ed infelice, era anche un brillante scrittore, una prosa scorrevole era la sua, ma soprattutto usava immagini e pensieri estremamente incisivi.

In questa stagione della mia vita, in cui tutto mi rende frequente il pensiero dell’aldilà, mi è capitato in questi giorni di ricordare un passaggio del testamento ideale di Follerau: “Giovani del mondo vi lascio in eredità i progetti che non sono riuscito a realizzare, le imprese che non ho portato a termine, i miei sogni che sono rimasti solo sogni”.

Riflettendo su questo singolare testamento, mi sono scoperto tanto ricco, una specie di Rockefeller che possiede un immenso patrimonio del genere di questo apostolo, che in realtà ha realizzato dei progetti veramente colossali.

Credo che ogni uomo che ama il mondo, nonostante il suo impegno, si rende conto che, sono sempre infinite le cose che rimangono da fare e che comunque lasciamo incompiute.

Va a finire che prima o poi dovrò andare da un notaio per lasciare in eredità alla chiesa di Venezia, ai suoi sacerdoti e alle tantissime persone che ho conosciuto, questo immenso patrimonio di sogni e di progetti che mi appassionano dei quali sono riuscito a realizzare solamente una piccola parte.

La mia umile ricetta per vivere bene gli 80 anni

La gente si sorprende quando dico con tutta tranquillità che tra un paio di mesi compio 81 anni.

La gente è spesso buona e soprattutto vivo tra persone che mi vogliono bene e perciò immagino facciano finta di complimentarsi per la decisione con cui tento di andare avanti, questo fa onore a loro e bene a me!

Io mi ritrovo quasi nella stagione in cui si domanda alle persone anziane la ricetta per la presunta vitalità e il segreto per aver raggiunto tale meta.

Io certamente non mi metto a dispensare ricette perché comincerei a compatirmi, a ridere di me stesso!

Posso però affermare e credo di non scoprire l’acqua fredda, che l’impegnarsi, il continuare a sognare, a lavorare fisicamente ed intellettualmente costituisce di certo un aiuto anche se non elimina tutti gli acciacchi della mente e del corpo perchè essi continuano a crescere pian piano e in maniera inesorabile. La seconda confidenza che mi sento di fare e che aiuta molto è il fatto di accettare i miei limiti, la mia età, di scegliere di impegnarmi totalmente finchè si riesce e di sfruttare principalmente quei settori in cui riesco a far qualcosa. Da ultimo, ed è una cosa che ho imparato solamente qualche settimana fa, è quella di cercar di godere delle cose che ancora si riesce a cogliere, piuttosto di crucciarmi di ciò che ormai non è più alla mia portata. Io credo di non essere ancora pronto per “partire”, penso che farei molta fatica ad accettare stoicamente ed in maniera imperturbabile se mi dicessero che la partenza è fissata fra qualche settimana o fra qualche mese, pur sapendo che attualmente il buon Dio sta mandando la “cartolina di precetto” alle classi vicine al 1929, la classe a cui appartengo.

Comunque mi distrae, mi fa passare serenamente il tempo il preparare settimanalmente “L’incontro” ogni 15 giorni il “Coraggio”, ogni mese “Il sole sul nuovo giorno”. L’impegnarmi per abbellire la chiesa della Madonna della Consolazione e soprattutto far crescere la comunità che si riunisce settimanalmente per la lode al Signore, realizzare il don Vecchi di Campalto e tutto quello che va dietro a questa avventura che credo sia ancora alla mia portata.

Non mi illudo per nulla, né mi turbo quando la stampa cittadina mi descrive come un prete vulcanico, solo io conosco bene i miei limiti, i miei acciacchi e le mie paure. Comunque vorrei impegnarmi, finchè posso, a spendere bene e generosamente il mio tempo e le mie risorse!

L’inimitabile pazienza e bontà del Signore!

Quant’è difficile fare i capi, coordinare le attività dei dipendenti e peggio ancora di collaboratori, far capire che gli interessi dell’insieme “dell’azienda” sono tali che talvolta bisogna sacrificare quelli di qualche settore specifico, far comprendere che solo chi sta al vertice è in grado di vedere qual’è in sostanza il bene globale.

Io “dirigo” un'”azienda” molto piccola, ma nonostante ciò molte volte soffro per le incomprensioni, perché ognuno mi tira la tonaca e vorrebbe che comprendessi i problemi del settore specifico e ne favorissi la realizzazione, mentre dal gradino un po’ più in alto in cui sono costretto a stare, so che anche un lieve spostamento finirebbe per mettere in crisi un altro settore che è pur importante per il bene del tutto.

Molte volte trovandomi in queste angustie mi è venuto da pensare che i politici se non altro meritano una certa stima ed una certa considerazione perché riescono a raccordare le istanze e gli interessi così divergenti dei cittadini e soprattutto dei loro elettori.

Talvolta mi sono spinto anche oltre sembrandomi di scoprire un’altra prova per dimostrare l’esistenza di Dio, prova da aggiungersi alle famose cinque di S. Tommaso d’Aquino.

Solamente l’intelligenza di Dio riesce a raccordare tutte le telefonate, i fax, le e-mail, le raccomandate, i telegrammi e le preghiere così contrastanti che giungono ogni momento in cielo.

Chi mai, che non fosse Dio, potrebbe raccordare domande così appassionate, ma contrapposte che gli uomini fanno giungere ogni giorno al Padreterno. Il buon Dio non stronca mai le speranze, permette sempre ad ognuno di avere una qualche possibilità d’essere accontentato,e soprattutto persegue in maniera saggia, buona e giusta le esigenze di tutti e nel contempo di ognuno.
Pazienza e bontà del Signore!

Io per esempio, pur comprendendo che ognuno deve guadagnare e fare i suoi interessi, coprirei di sonore e sacrosante legnate i responsabili di quelle lobby internazionali che hanno terrorizzato il mondo con la paura diffusa ad arte di una pandemia letale, chiamata influenza suina, facendo spendere miliardi e miliardi per vaccini che ora ingombrano i magazzini di mezzo mondo e che i furbi di turno propongono di vendere agli stati più poveri e meno progrediti.

Poi penso anch’io di aver fatto richieste insensate, interessate, poco sagge e soprattutto egoiste e allora capisco che è bene che lasci che il Signore faccia il suo mestiere perchè è l’unico che lo sa fare bene e a vantaggio proprio di tutti e di ognuno!

“Cosa volete che io sia”

Il professor Giovanni Rama, l’illustre oculista che ha reso famoso l’ospedale di Mestre per il trapianto delle cornee e che ha grandemente contribuito per la promozione della legge per rendere possibili e più facili i trapianti e che iniziò quello splendido servizio di dedicare le ferie per operare in un ospedale all’interno del Kenya il quale non avrebbe mai potuto permettersi specialisti di primo piano e che infine ideò il grande progetto della Banca degli occhi che oggi è una felice “realtà”, mi ha sempre onorato del suo affetto e della sua amicizia.

Un giorno, in una delle tante conversazioni, che avvenivano nel suo studiolo, parlandomi della sua professione mi confessava che un medico serio dovrebbe fare il monaco, perchè la professione del medico è talmente assorbente che non lascerebbe spazio ad altri impegni.

Mi rimase sempre impressa questa affermazione di un uomo dedito seriamente al servizio della salute dell’umanità. Questo concetto è da secoli e secoli attuato da uomini e donne che hanno intuito che l’impegno per certi servizi, non lascia spazio ad altri interessi per quanto conformi alla natura e pur nobili ed alti.

Come capisco allora le ragazze che rinunciano all’amore di un uomo per poter amare tutti, i missionari che rinunciano ad ogni legame familiare per poter essere totalmente disponibili, come pure capisco lo sforzo titanico della chiesa nel voler mantenere il celibato dei preti. Se un prete vuole davvero dedicarsi a Dio e agli uomini non ha il tempo e possibilità di seguire le esigenze pur legittime di una donna e di una famiglia.

Se però un uomo sceglie di fare il prete ad ore o come un semplice mestiere allora non solo può occuparsi di una famiglia, ma anche di affari e di altro ancora!

Spesso mi viene in mente la confidenza del prof. Rama soprattutto quando al don Vecchi i residenti mi considerano prete quando pretendono avalli i loro interessi e perciò io diventi distaccato, comprensivo, accomodante e responsabile della struttura quando per un altro verso interessa loro la funzionalità e l’efficienza della struttura.

Io mi sento spessissimo in una situazione ambigua dalla quale non mi è possibile uscire. Se faccio il prete non dovrei interessarmi di nulla di quanto riguarda l’economia, la funzionalità, l’efficienza. Se invece faccio l’imprenditore tutte le qualità e i requisiti del sacerdote non mi sono che di imbarazzo e di impaccio per una sempre più completa razionalità ed efficienza amministrativa e sociale.

Probabilmente anche il prof. Rama portò fino alla fine l’ambiguità delle due funzioni che alla fin fine si danneggiano reciprocamente.

Credo che anche per quello che mi riguarda dovrò portare fino alla fine il peso ed il disagio di doveri e funzioni che sono alla fin fine contrastanti.

I “bond del paradiso”

Veramente non è la prima volta che mi sia capitato di trovarmi coinvolto in una avventura mediatica quale quella che sto vivendo da qualche giorno.

Dopo essermi scervellato per trovare una soluzione per la copertura finanziaria del costruendo don Vecchi di Campalto, mi è parso di comprendere che, se io avessi messo in vendita dei certificati di parziale proprietà, anche se a livello sostanzialmente simbolico del don Vecchi di Campalto, facendo sottoscrivere azioni della Fondazione che lo gestirà, molto probabilmente avrei ottenuto qualche risultato, sempre che fossero quote a prezzo accessibile.

Fissai il costo in 50 euro. Poi mi feci stampare dai miei collaboratori un certificato di forma un po’ spagnolesca, che si rifà ai certificati di credito delle poste italiane di una volta che avevo visto per caso.

Lanciai l’iniziativa finanziaria dalle colonne de “L’incontro”.

La cosa ebbe immediato successo, dato anche delle numerose spintarelle che io non ho cessato di darle.

Ad esempio quando uno mi faceva un’offerta di 50 euro o un suo multiplo, stampavo il nome come se mi avesse chiesto un’azione. Mi sentii legittimato a farlo avendo dichiarato pubblicamente che tutto quello che ricevevo l’avrei messo sul conto del don Vecchi quater.

Compresi però ben presto che il bacino de “L’incontro” era troppo piccolo per avere un risultato adeguato al bisogno. Allora preparai una documentazione abbondante con elementi che interessano i mass-media e la spedii agli amici de “Il Gazzettino”, della “Nuova Venezia”, di “Gente Veneta” del “Corriere della Sera” e di “Rai Tre”.

Il primo che ha risposto è stato il “Corriere del Veneto” con un articolo di Alberto Zorzi dal titolo così stuzzicante che ha fatto il “miracolo”. Una vecchiaia tranquilla con i “Bond del Paradiso”.

Probabilmente il titolista dell’articolo tradusse la parola “azione” con quella più moderna e corrente di “Bond” e la congiunse al “paradiso”, Io infatti a scanso di equivoci mi sono garantito da possibili richieste di risarcimento col dire che le azioni erano esigibili solamente al momento del giudizio finale che tutti sanno segue la morte.

E’ nato subito un putiferio; ha telefonato l’Ansa, Antenna Veneta, Rai Tre, un’agenzia milanese e tutti i quotidiani cittadini.

Non credo d’aver scoperto ed essermi appropriato dell’oro dell'”Eldorado” comunque il “lancio” ha rimesso in moto tutta l’operazione.
Così va la vita!

La predica non è cosa semplice

Quando ero a Carpenedo, per i motivi più diversi, capitava che venisse a celebrare qualche sacerdote di Mestre o di qualche altra città, così avevo modo di ascoltare, tanto volentieri, le prediche che tenevano nelle varie occasioni. Talvolta mi è capitato di incontrare dei sacerdoti veramente bravi che rendevano il messaggio evangelico di una grande attualità e quanto mai convincente.

Più spesso però ero deluso da certi sermoni, pieni di luoghi comuni, di idee fuori corso, di pensieri per nulla incisivi ed appartenenti ad un repertorio ecclesiastico scontato e per nulla appetibile per chi desidera dalla Parola di Dio un qualcosa di stimolante che apra la mente e il cuore con l’impatto, con “la buona notizia”.

Comunque l’ascolto delle riflessioni della parola, di sacerdoti diversi in ogni caso mi offriva un contributo; in positivo quando il discorso, pur semplice, era convincente, fresco ed incisivo, ma egualmente utile quando la predica era deludente perché mi metteva in guardia su ciò che dovevo non dovevo dire.

Il confronto mi era sempre di grande utilità. Ora mi trovo sempre solo con me stesso, mi manca la possibilità di verifica e perciò gli unici indici di valutazione sono per me le reazioni dei fedeli, ma essi sono da secoli abituati a non reagire, ad ascoltare magari senza partecipare per nulla. É la mia coscienza? Però neanche questo è un indice sempre valido.
Io non appena avverto di non ingranare e di ripetere i concetti mi scoraggio immediatamente e debbo concludere il più rapidamente possibile!

Per me la predica è sempre stata un cruccio infinito, non tanto per non far brutta figura, ma soprattutto perchè sono convinto che il messaggio di Dio è troppo importante e troppo necessario per l’uomo perché esso non sia presentato in maniera intelligente, elegante ed adeguato alla sensibilità e alle attese dell’uomo d’oggi.

Un tempo avevo un amico sacerdote che si autoconvinse di non essere all’altezza di fare una buona predica e perciò da quel giorno si rifiutò in maniera assoluta di predicare.

Io non so se a più di 80 anni sia opportuno o no commentare il Vangelo?
Non sarebbe male una verifica da parte di competenti, come si fa con la patente di guida e il permesso semmai di continuare dovrebbe essere sempre di più breve durata.

Troppa comprensione non fa davvero bene ai più giovani

Qualche giorno fa ho celebrato un funerale nella nuova chiesa del cimitero. Non c’era come al solito tanta gente, forse più o meno una trentina di persone. La defunta aveva più di 95 anni e gli ultimi sette li aveva trascorsi in casa di riposo.

Con la vita anonima, in cui ormai è scomparso il senso comunitario e la partecipazione agli eventi che toccano anche i vicini di casa, rientra purtroppo nella norma il fatto che ci sia sempre meno gente al commiato degli anziani.

Non appena diedi un tocco al campanello, che annuncia la celebrazione, mi accorsi di una mamma che teneva in braccio un bimbetto di due o tre anni che già frignava. Per prima cosa feci il proposito di non intervenire per nessuna ragione perché so che avrei avuto la disapprovazione di tutti, poi sperai inutilmente che la mamma si accorgesse del grave disturbo che recava alla celebrazione. Si spostò di posto, andò in fondo alla chiesa, gli sussurrò mille cose, svuotò la borsetta di tutto l’armamentario che le donne portano solitamente ed inutilmente con sé, tutto fu inutile il bimbo continuò a smaniare e piagnucolare fino alla fine. Mentre con grande sofferenza continuai a predicare e recitare le sacre formule, il mio animo andò a Taizè in Francia, quando, nei tempi lontani, vidi i monaci, con le loro lunghe tonache bianche, uscire per i vesperi, accompagnati da alcuni bambinelli di tre o quattro anni, che si sedettero composti e rimasero tali per il lungo tempo impegnato dai monaci nel canto dei vesperi.

I bambini francesi sono forse più quieti? No di certo! Quei bimbi sono stati educati in maniera diversa. Le nostre mammette sono tutto fuorché delle educatrici; permettono tutto, avallano tutto, non si oppongono a niente. Poi la gente si domanda da dove escano i bulli, i No Globals, i disobbedienti?

Ricordo che un tempo la responsabile del Sert di Mestre mi riferì di una indagine sul come incideva il tipo di educazione sui tossicodipendenti. Il 95% dei ragazzi che si drogano provengono da una educazione permissiva e solo il 5% da una educazione ferma e precisa.

Finché genitori, insegnanti, preti, amministratori, polizia e giudici continueranno a tollerare ogni trasgressione ad ogni età nella nostra terra non cresceranno uomini, ma selvaggi! Checché ne possano pensare gli psicologi e i psichiatri o la sinistra!

Gli acciacchi dell’Angelo

Il nuovo ospedale dell’Angelo mi è diventato un ambiente caro per molti motivi; perché spesso ne ho bisogno per i miei acciacchi, perché infermieri, medici e primari, sono sempre stati eccezionalmente premurosi e gentili nei miei riguardi, perché la struttura mi piace quanto mai, sia dal punto di vista funzionale che da quello estetico, infine e soprattutto perché il mondo della sofferenza credo debba meritare la più viva attenzione e disponibilità. Motivo per cui mi è causa di sofferenza quando leggo che i migliori medici se ne vanno, quando apprendo dalla stampa e da qualche confidenza che per motivi finanziari l’ospedale è in arretrato come strumentazione scientifica e perciò i medici sono costretti ad operare con strumenti tecnicamente superati mentre in città vicine non si bada a spese per avere una sanità all’avanguardia, soffro quando ho la sensazione che i vari comparti si muovano in maniera autonoma, non coordinandosi l’un con l’altro.

La mia preoccupazione diventa ancor maggiore quando tutto questo avviene nel settore dell’assistenza religiosa.

Il mio apporto attualmente avviene attraverso una serie di contributi a livello giornalistico. Due volte la settimana rifornisco, sempre a titolo gratuito, un espositore allestito, a questo scopo, e gli spazi della galleria d’attesa con 700-800 copie de “L’incontro”, ogni 15 giorni con altrettante copie di “Coraggio”, ogni mese con un centinaio di copie de “Il sole sul nuovo giorno” e sempre porto numerosissime copie di un opuscolo di preghiere e di un volume sulla elaborazione del lutto.

Credo che la catechesi e il messaggio cristiano passino all’Angelo soprattutto mediante questi veicoli, ma il tutto avviene in maniera solitaria, senza alcun coordinamento, senza strategia pastorale di sorta, mentre, a mio modesto parere, forse questo strumento è pressoché quasi l’unico a fare un discorso cristiano articolato e serio.

Talvolta ho la strana preoccupazione di essere quasi come il giapponese che non essendo stato informato che la guerra era finita, continuava ad essere un combattente solitario, ignaro che l’impegno cristiano forte e generoso è ormai terminato!