La mia formula

La redazione augura un sereno Capodanno ai lettori sperando che nessuno si faccia male per festeggiare il 2010!

Un tempo un vecchio parroco, sornione ma arguto quanto mai, disse che io avevo trovato “la gallina dalle uova d’oro” alludendo alla parrocchia, rifiutata un tempo da altri assegnatari, che mi era stata offerta 40 anni fa.

La nomea di aver incontrato comunità ricche economicamente mi ha accompagnato per tutta la vita.

Perfino mio fratello, don Roberto, che mi vuol bene e credo che mi stimi, un giorno facendo il confronto, a livello economico, tra la mia parrocchia e la sua, uscì con un paragone da par suo. Disse che come si trovano docce in cui l’acqua fluisce abbondantemente da tutti i fori, ci sono altre docce più povere d’acqua perchè molti dei forellini sono otturati.

Traducendo l’immagine egli voleva significare che a Carpenedo piovevano dollari, o oggi meglio ancora euro, moneta più apprezzata, mentre a Chirignago si poteva solo sopravvivere a causa dei fori otturati.

Penso che questa fama persista anche se ora ho come unico reddito la pensione del clero, mentre altri beneficiano di pensioni scolastiche o di altro genere di certo più remunerative della mia.

A dire la verità più di una volta ho tentato di insegnare la formula “magica” ai miei confratelli vicini o lontani che lamentavano scarsità di risorse economiche. Forse essa è sembrata troppo semplice come quella del profeta Eliseo quando suggerì a Naon il siro, per guarire dalla lebbra. Taluno pensa che il benessere economico sia imputabile alla fortuna, alle condizioni economiche dei parrocchiani o a qualche stratagemma particolare, mentre le cose stanno ben diversamente.

Ecco il segreto per riuscire: 1) lavorare seriamente da mane a sera e anche dopo sera; 2) vivere in maniera parsimoniosa, rinunciando a viaggi e vacanze esotiche; 3) essere coerenti con ciò che si predica; 4) occuparci prima del prossimo che della canonica, della chiesa e dei suoi arredi, perché la gente riconosce Cristo più nei poveri che nei riti; 5) uscire sempre allo scoperto e servire prima la verità che qualsiasi personaggio pubblico o ecclesiastico; 6) non avere ambizione alcuna di carriera.

Non ho mai tentato di brevettare questa formula pur essendo certo della sua validità, perché vedo che anche al don Vecchi funziona bene come a San Lorenzo e a Carpenedo.

Quindi la cedo gratuitamente a tutti coloro che ne sono interessati!

Il valore perduto dell’apprendistato

Un tempo c’era una massima che circolava tra gli artigiani, ed io appartengo e provengo da questa povera ma bella ed interessante categoria: “Il garzone o l’apprendista bravo ruba con gli occhi il mestiere”

Mio padre, che gestiva una piccola bottega di falegname, mi raccontava che quando, “andava a mestiere”, l’apprendistato un tempo era in auge ora è ormai scomparso, cercava di imparare il mestiere pur essendo incaricato di scaldare la colla, di raddrizzare i chiodi vecchi per poterli riadoperare e scopare la bottega dai trucioli, spiava le soluzioni del capomastro, tanto che pur molto giovane riusciva a risolvere i problemi che anche colleghi più anziani non riuscivano ad affrontare.

Questa riuscita gli veniva dal suo impegno a “rubare” il mestiere al falegname esperto suo maestro d’arte.

Oggi è sparito l’apprendistato perché i giovani “nascono” o pretendono d’essere nati già “imparati”.

Io, alla mia veneranda età, dovrei essere un esperto del mestiere del prete, dopo 55 anni di attività sacerdotale. Talvolta sono stato tentato, avendo ottenuto qualche risultato positivo, di passare le esperienze al giovane clero che mi stava accanto, ma non solamente nessuno mi ha chiesto un qualsiasi consiglio, ma anzi c’è stato perfino chi si è premurato di dirmi che ho sbagliato tutto, che il mio efficentismo non aveva spazio nella chiesa attuale, giungendo perfino a raccomandarmi che avrei dovuto smobilitare tutto l’apparato della mia comunità per standardizzare la parrocchia al modello di inedia e di miseria dominante (queste ultime note ben s’intende sono esclusivamente un mio parere).

Ricordo un progetto, poi mai realizzato, del vecchio Patriarca Luciani, che sperava di imbastire tre o quattro parrocchie efficienti e vitali perchè il giovane clero facesse in esse delle belle esperienze iniziali in maniera tale da impiantarle poi nelle comunità future alle quali sarebbe stato destinato.
Il Papa Luciani poi è morto portando nella tomba il suo progetto.

Spero che ci siano ancora preti coraggiosi e liberi che rimangono tali pur senza seguaci, almeno immediati!

Però penso che la moda, in mondo globalizzato, investe tutti, senza eccezione alcuna.

Il valore degli impegni imprevisti

Non sono mai stato metodico come Cuccia, il vecchissimo e curvo presidente di Mediobanca, l’istituto bancario più prestigioso d’Italia, il quale andava sempre in banca con una precisione cronometrica, comprava sempre lo stesso giornale, alla stessa ora e dallo stesso giornalaio.

Io sono una persona ordinata nel disordine, comunque mi programmo, grosso modo, le mie giornate, anche se esse quasi sempre si rifanno ad incontri, occupazioni abbastanza consuete, però non passa giorno che qualcuno non mi chieda un appuntamento.

Tento sempre di farmi dire per telefono il motivo dell’incontro, sperando di risolverlo telefonicamente, ma spesso non riesco nell’intento.

C’è della gente che pensa che certe cose si debbano discuterle a tu per tu con la presenza fisica ed altri che sperano di ottenere più facilmente quello che desiderano parlando direttamente. E’ vero che è più facile mettere da parte una domanda scritta sulla carta che mettere sotto la pila delle richieste una persona, e che è più facile liquidare una persona per telefono che farlo dopo un regolare appuntamento. Questi appuntamenti però mi scombussolano la giornata e la mia, seppur sommaria, programmazione. Non sono riuscito finora a vivere alla giornata prendendo di buon grado quello che il buon Dio mi manda, fidandomi della sua Provvidenza. Stamattina fortunatamente ho trovato nel testo della mia meditazione una soluzione che mi ha rasserenato e quasi convinto. Ad un impiegato che si lagnava col suo principale per queste interruzioni impreviste che rallentavano la sua produttività, il padrone gli disse: “Ma tu sei pagato anche e soprattutto per questo!”, gli imprevisti facevano parte dell’attività dell’Azienda.

Ho dedotto che anche il buon Dio mi potrebbe dire: “Ti pago proprio per questo, ti do salute, lucidità mentale, tempo, risorse ideali perché tu ti ponga a servizio della `clientela’ della mia Azienda!”

La cosa vista così mi rasserena un po’ perché se è contento Lui, il mio datore di lavoro, colui che mi remunera, perché non lo dovrei essere io?

Benedetta la vecchiaia!

Da quattro anni sono in pensione, ma se non potessi confrontare le date del calendario, 2 ottobre 2005 – 2 ottobre 2009 sono certo che direi che sono in pensione da almeno 40 anni!

Ricordo quel terribile 2 ottobre di quattro anni fa quando, dopo aver celebrato la messa delle 15, mi chiedevo angosciato, cosa avrei fatto fino alle 20?, che era l’ora della cena solitaria.

Oggi tutto è diverso; le giornate sono intense, le ore scorrono veloci e l’appuntamento domenicale con la mia splendida comunità tanto amata e numerosa del camposanto, sembra che si sussegua senza soluzione di tempo, tanto le settimane sembrano ravvicinate.

Il telefono squilla fin troppo spesso e gli impegni si accavallano, anzi talvolta si sovrappongono a causa della mia memoria sempre più precaria.

Faccio veramente una vita che mi piace, vivo tra gente cara e simpatica pur appartenendo a tutte le età e a tutte le etnie del mondo.

“L’incontro” poi mi permette di lanciare messaggi, di essere presente ed attivo nella vita della chiesa e della città, cosa di cui ho frequente riscontro incontrando gente che si riferisce a prese di posizione ed ad interventi civili ed ecclesiali che la mia indole e le mie convinzioni mi “costringono” a fare.

C’è un salmo, che benedice il Signore anche per i ghiacci, le nevicate e perfino per le tempeste, se va avanti così dovrò benedire il Signore anche per la vecchiaia e per i doni che essa comporta!

Uno dei miei “ragazzi”, ora manager affermato, ogni tanto scherza dicendomi: “Don Armando, lei può permettersi di tutto perché alla sua età non è più perseguibile e i carabinieri non la possono portare in galera”!

Così io ne approfitto!

Quante occasioni avrò perso?

Papa Giovanni ripeteva soventemente “i novissimi”, termine che oggi per la totalità dei cristiani, rimane misterioso, ma che nella tradizione cristiana indica le ultime cose che capitano a qualsiasi uomo: la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso.

Io, per il mestiere che faccio, l’ambiente che frequento, l’età avanzata che ho ed infine per la memoria di questo santo e saggio Pontefice, penso spesso a queste cose.

Pensando poi di frequente alle ultime realtà mi viene di essere più attento del poco tempo di vita che mi separa da questi eventi così impegnativi.

Da quando, per motivi di calendario e per motivi di fragilità fisica, ho preso coscienza della mia vecchiaia, sono portato a centellinare il tempo e a stare ben attento a come investo quel poco che mi resta. Tutto questo non mi porta nè tristezza nè angoscia, ma mi spinge ad essere parsimonioso e a non buttar via per nulla occasioni e possibilità.

Ad aggravare questa consapevolezza, a non sprecare tempo e a non perdere occasioni propizie, si è aggiunta una storiella che ho letto in uno dei tanti libri del missionario Antony De Mello.

Questo missionario è vissuto una vita nell’estremo oriente e da persona attenta ed intelligente ha fatto sua la cultura e la tradizione di quei popoli antichi e saggi. Racconta aneddoti e storielle, che di primo acchito sembrano candide ed ingenue, ma che in realtà contengono messaggi quanto mai sapienti.

Ecco la storiella che mi rende attento e parsimonioso nei miei attuali investimenti esistenziali.

Un povero paria va a pescare sul Gange. Butta l’esca nella speranza che il pesce abbocchi, ma la giornata sembrava una giornata no, il pesce non abbocca. Per far passare il tempo e la noia prende un sassolino dalla superficie che gli sta accanto, lo butta nel fiume e comincia ad osservare i cerchi concentrici che s’allargano provocati dall’impatto del sasso con l’acqua. Ne butta un secondo e finisce per prendere gusto a questo passatempo. Se non che ad certo momento mentre stava per lanciare un altro sasso, s’accorge di uno strano luccichio. Per farla breve, in realtà, il sassolino era una perla preziosa. Aveva buttato nel fiume un piccolo o grande tesoro!

Ora ho paura, veramente paura d’aver buttato via delle occasioni e delle opportunità veramente preziose durante i miei 80 anni di vita.

Prima di impegnare, non dico un giorno, ma qualche minuto o qualche incontro, ci penso mille volte. Non so se sono diventato avaro, ma certamente più attento ai miei investimenti sì, dato che l’impatto con le ultime realtà è certamente molto vicino!

Un’esemplare testimonianza di coerenza religiosa!

Don Armando e la redazione augurano un felice Santo Stefano ai lettori con l’invito a sostenere la solidarietà nelle loro realtà!

Non ho mai fatto un mistero della mia convinzione che in questo nostro mondo, letteralmente sommerso dalle parole o forse in maniera più vera dalle chiacchiere, solamente la testimonianza di convinzioni più profonde, di sogni e di ideali, hanno qualche probabilità di incidere sulle coscienze.

La Punto che mi hanno regalato recentemente, è fornita pure della radio e perciò, un po’ per informarmi sulle notizie della giornata ed un po’ perché quando non c’è il giornale radio non so come spegnere l’apparecchio, lo lascio sempre acceso, quindi quando inserisco la chiave per accedere il motore automaticamente s’accende pure la radio e c’è sempre qualcuno che parla sugli argomenti più svariati. Talvolta provo invidia a sentire persone che hanno voci piacevoli ed un modo di dialogare scorrevole e suadente, mentre io, non ho né questo nè quello, e talvolta mi irrito per tante parole inutili e fatue.

Il tragitto dura non più di cinque minuti, ma comunque giunto nella mia cappella non mi resta neppure la minima traccia di quello che ho sentito!

Mentre quando colgo qualche testimonianza positiva, quella si conficca sulla coscienza come un chiodo affilato e profondo.

Domenica mattina, nel mio andirivieni tra sacrestia e chiesetta, mi accorsi del volto noto della persona cui stavo passando accanto. Per qualche mese questo signore ci aveva dato una mano ai magazzini. Sapevo che stava cercando un bar da gestire e qualche settimana prima mi aveva informato che aveva cominciato il suo lavoro.

Rimasi sorpreso di trovarmelo di domenica in chiesa in attesa della messa. “Come mai, ma non mi aveva detto che aveva cominciato a gestire il locale?” – “Si di certo, ho già cominciato!” – “Ed allora come mai è qua?” – “Mia moglie ed io abbiamo scelto che di domenica teniamo chiuso, sia per il riposo festivo che a motivo delle pratiche di pietà!”

Rimasi di stucco. Io prete non mi sarei mai aspettato una risposta che dovrebbe essere la più ovvia e la più scontata per un cristiano e tanto più per un prete!

Il barista faceva festa alla domenica, il giorno in cui molto probabilmente avrebbe potuto guadagnare di più, faceva festa per i motivi di coerenza religiosa!

Talvolta leggo in maniera frenetica e convulsa i periodici per trovare testimonianze di fede, mentre avendo un po’ di attenzione, potrei trovare testimonianze del peso di grossi santi della storia millenaria del cristianesimo solamente guardandomi un po’ attorno.

Il barista che fa festa alla domenica, mi ha fatto più bene dell’ultima enciclica di Papa Benedetto!

Gli scout, una bella realtà che regge nel tempo

Don Armando e la redazione augurano un sereno Natale ai lettori con l’invito non solo a pregare ma a darsi da fare in prima persona per i bisognosi!

Qualche settimana fa sono tornato come ogni domenica pomeriggio da un’ulteriore visita alla cappella del cimitero, dove mi ero recato per accertarmi dello spegnimento dei lumini e delle candele e per un riordino sommario in maniera che fin dalla prima mattinata del lunedì, tutto fosse ordinato ed accogliente.

Nel pomeriggio della domenica sono in servizio solamente due operatori della Veritas che hanno il compito di chiudere ben quattro o sei cimiteri e perciò è sempre possibile che tutto non sia messo in sicurezza.

Nel ritorno, dopo aver percorso via Santa Maria dei Battuti, quando ho imboccato via Trezzo, la mia attenzione è stata subito attratta da una lunghissima fila di ragazzini in divisa scout, con tanto di zaino, di guidoni e di materiale vario, che ritornavano molto probabilmente dal parco di Villa Tivan, ove ancora molto probabilmente, avevano celebrato l’inserimento dei nuovi lupetti e il passaggio dei più anziani alla branca successiva dell’organizzazione scout.

Per più di 50 anni mi sono occupato di questa associazione, infatti già nel 1954, prete novello, diventai assistente del 24° gruppo scout che aveva sede ai Gesuati. Poi a San Lorenzo assieme a qualche vecchio capo, abbiamo resuscitato lo scoutismo che si era ridotto a due poveri reparti e per lo più spelacchiati e spauriti.

Fu un’esplosione, per cui a S. Lorenzo arrivammo ad avere tre reparti di esploratori, due branchi di lupetti, due clan ed un noviziato ed altrettanti gruppi femminili, dato che a quel tempo erano distinti i maschi dalle femmine.

Giunto a Carpenedo nel ’71, mi detti da fare per ripetere il “miracolo” e nonostante i tempi si fossero fatti difficili per via della contestazione del ’68, in pochi anni raggiungemmo e superammo quota 200 scout.

Non sempre ebbi sacerdoti collaboratori convinti e motivati a questo riguardo, ma comunque, almeno a livello numerico l’associazione resse, tanto che quando me ne andai dalla parrocchia potei lasciare questa, per me bella, eredità.

Per un certo tempo parve che l’azione cattolica ragazzi si riprendesse in diocesi, ma fu invece un’estatella di San Martino, infatti, fatta salva qualche eccezione come a Chirignago, tutto è scomparso.

Gli scout rimangono sostanzialmente l’unica organizzazione di giovani di ispirazione cristiana che regga ancora da un punto di vista organizzativo e numerico, mentre ho più di un dubbio circa i contenuti, ma questo dipende dagli assistenti ecclesiastici, sui quali io non ho certamente voce in capitolo!

Il messaggio di Gesù all’uomo: volersi bene e aiutarsi!

Una cara e graziosa signora di Mirano, all’apparenza elegante e preoccupata di dare una bella immagine di sé, ma in realtà determinata e volitiva, mi ha “costretto” a partecipare, come relatore, ad un dibattito sul volontariato, che ella ha organizzato per il suo grosso paese.

Questa signora presiede ad un gruppo di una sessantina di volontari che prestano servizio nell’ospedale di Mirano e spera con l’iniziativa di sensibilizzare la cittadinanza e di allargare il numero di aderenti.

Confesso che la cosa mi è costata molto, sono cosciente di non aver i requisiti del conferenziere, sciolto e convincente. Però la bontà della causa, la decisione della richiedente, il suo pagare in prima persona con un servizio quotidiano tra le corsie e soprattutto il fatto di aver un partner come il dottor Bettin, brillante parlatore ed amico cordialissimo, mi hanno convinto che era comunque doveroso accettare anche a prezzo di fare una magra figura.

Analizzando poi più a fondo la mia coscienza, mi è parso di aver scoperto una motivazione forte e forse decisiva.

Ho nell’animo da sempre la convinzione che la solidarietà, di cui il volontariato è una delle espressioni più autentiche ed immediate, sia una componente essenziale del messaggio di Gesù, ma che invece col tempo la tendenza al quieto vivere e la comoda alternativa del rito abbia fatto slittare la virtù concreta della carità ad una posizione marginale, quasi fosse un optional della vita cristiana.

Pur essendoci nella storia della chiesa remota, recente ed attuale delle splendide figure di testimoni della carità e delle iniziative derivanti da questa prassi, spesso le comunità cristiane hanno ridotto a cenerentola l’impegno gratuito verso il prossimo più bisognoso ed indifeso, e specie oggi che lo stato sociale ha di molto sviluppato il suo impegno per gli ultimi, i cristiani sono tentati di lavarsi le mani e di delegare ad altri il compito della solidarietà, compito che a mio modesto parere, nessuna elaborazione tecnologica e nessuna tradizione può giustificare.

Ad essere onesto so che volevo dire, convinto che un cristianesimo fatto da pie pratiche, da riti più o meno solenni, o da una religiosità intimistica non ha nulla a che fare col pensiero di Cristo.
Gesù è venuto per dirci che ci vogliamo bene, che ci aiutiamo a vicenda, perché tutti possano vivere una vita migliore e più degna.

Un’Europa a volte infame e ingiusta!

La nuova chiesa prefabbricata, allestita a tamburo battente, perché fosse pronta prima dell’inizio dell’inverno, proviene dalla Romania.

La ragione dell’acquisto da un paese così lontano, suppongo sia duplice: il costo minore ed in secondo luogo la disponibilità a fornire in pochissimo tempo il prodotto.

Sembra che gli elementi per il montaggio siano stati preparati in circa un mese e l’assemblaggio in circa tre settimane.

C’è da dire che questa estrema rapidità, perché si tratta di un manufatto di trecento metri quadrati, provvisto di isolamento termico, di intonaco esterno ed interno, è stato determinata dal fatto che la Veritas ha fornito alcuni tecnici, un ingegnere a tempo pieno che ha studiato nei minimi particolari un piano di lavoro e di altri tecnici che hanno seguito gli impianti elettrici, di condizionamento termico, di amplificazione sonora e che nei momenti di emergenza hanno inserito operai specializzati italiani. Però l’elemento portante è stato sopportato dallo staff di operai rumeni che hanno lavorato giorno e notte.

L’ingegnere che ha tenuto le file del cantiere mi ha fatto osservare che il confronto tra gli operai italiani e rumeni non reggeva, i nostri hanno un rendimento certamente maggiore, ma poi soggiunse che da un lato l’educazione dei rumeni fondamentalmente è rimasta quella del regime e tutti sanno che nei regimi comunisti il rendimento è estremamente basso e dall’altra le paghe di questi operai rumeni che, a tutti gli effetti devono considerarsi personale specializzato, non superano i 200 euro al mese, solamente il capo cantiere percepiva 250 euro.

Avevo già sentito una notizia del genere, ma ora avevo sotto gli occhi questa ingiustizia o peggio questa infamia che persiste tra gli operai dell’Unione Europea.

Da questa notizia ho compreso, ulteriormente quanta strada deve fare ancora l’Europa per essere una nazione, quanta solidarietà dobbiamo avere verso     questi popoli che mandano le loro donne in Europa a fare le badanti dei nostri vecchi, perché le loro famiglie possano sopravvivere e quanta vergogna dobbiamo provare per il permettere o peggio per il nostro favorire queste radicali ingiustizie e quanto meschino ed egoista sia il neonazionalismo che serpeggia nel nostro Paese.

Una religiosità da cui prender esempio

Da qualche tempo presta servizio presso l’associazione di volontariato “Carpenedo solidale” un signore che pensavo arabo o musulmano.

Sono ormai più di uno gli stranieri dell’Est Europa, dell’Africa settentrionale e del Centro America che si sono uniti nell’opera di solidarietà dei nostri volontari nelle varie associazioni che operano al don Vecchi.

Spinto dalla curiosità, chiesi a questo brav’uomo se fosse musulmano, infatti sono la maggioranza i seguaci di Maometto che frequentano i nostri magazzini, e con mia sorpresa mi rispose: “Sono iraniano!” e vedendo la sua disponibilità al dialogo, soggiunsi: “E’ Maomettano?” – “No” rispose “Sono semplicemente un credente, la mia religione non ha un nome, crediamo semplicemente in Dio”.

Il colloquio finì li, ma io continuai ad osservare il comportamento particolarmente dolce, disponibile, cortese e buono di questo straniero sempre pronto a sobbarcarsi ogni fatica.

Qualche giorno fa, facendo particolarmente freddo, chiese di acquistare un giaccone, indumenti del genere ne abbiano a vagoni!

Il dirigente dell’associazione intese donargli l’indumento, ma lui insisteva, a tutti i costi, a pagare, il seppur prezzo esiguo, ma questo responsabile cosciente di aver donato a più di un volontario indumenti del genere, rifiutò decisamente l’offerta.

Qualche momento dopo il volontario persiano, consegnò l’offerta alla suora dicendole: “La mia religione mi proibisce di ricevere un dono per un’opera che ho scelto di fare da volontario”.

Quando suor Teresa mi raccontò, ammirata, l’episodio, mi venne da confrontarlo all’operato di un volontario cristiano che porta a casa quanto può arraffare e che all’osservazione di un collega che gli faceva notare quanto questo fosse disdicevole, rispose: “Ma che volontariato è se non mi torna qualche vantaggio?”

D’ora in poi farò più fatica a pensare che i cristiani abbiano, come credevo, una corsia preferenziale per entrare in Paradiso!”

“Quando morirò, il mondo sarà migliore, perchè sono vissuto o perché sono morto?”

A chi è vissuto assai, capita che gli riemergano, quasi per caso dal grigiore e dalla nebbia fitta del passato, volti, pensieri, esperienze, che riteneva del tutto sommersi dalla frana di avvenimenti che s’è rovesciata e continua a rovesciarsi sopra. Però spesso vengono a galla affermazioni, detti, discorsi dei quali per decenni non avevi più sentito parlare.

Questo riemergere dal passato di esperienze vissute, talvolta anche con intensità, spesso mi desta sorpresa e meraviglia e mi costringe quasi ad una presa di coscienza, ad una verifica ad un riesame condotto con la nuova mentalità e i nuovi criteri che sono nati dalle infinite esperienze successive.

Questa mattina ho meditato su una riflessione di un vecchissimo cristiano australiano, che sulla soglia dei novant’anni, valutava il suo apporto offerto alla vita e agli uomini con la sua longevità.

Questo discorso mi costrinse a fare un bilancio personale in merito ai miei 80 anni.

Mi venne subito in mente, come strumento di valutazione, un monito di Baden Power, il fondatore degli scout, che a questo proposito, da ottimo educatore, lasciò detto ai suoi ragazzi: “Procurate di lasciare il mondo un po’ più bello ed un po’ più buono di quello che avete trovato”

Il monito è chiaro, diretto, convincente, ed io l’ho usato infinite volte nell’applicazione delle mie funzioni di impegno pedagogico.

Penso che i capi scout continuino ad adoperare questo invito e questo monito del loro fondatore.

Io non mi ero dimenticato di questo invito ma, non avendo più occasione di adoperarlo, era come lo avessi dimenticato, poi lo avevo usato quasi sempre ad uso esterno e quasi mai ad uso interno, ossia per me.

Stamattina, il credente del quinto mondo, il vecchio australiano, non solo me lo ha fatto riemergere, ma vi ha aggiunto un pizzico di provocazione per cui non potevo che riprenderlo se non altro come uno strumento di verifica personale.

Scriveva infatti questo sconosciuto di quel mondo tanto lontano: “Quando morirò, il mondo sarà migliore, perchè sono vissuto o perché sono morto?”

Non vi dico che guazzabuglio di rimorsi, di dubbi e di perplessità abbia provocato nella mia coscienza!

La gente fa presto a farti delle lodi per qualche iniziativa o qualche struttura offerta alla luce del sole, ma solo Dio conosce la ricchezza, le occasioni e la possibilità che mi ha offerto e i risultati ottenuti!

Mi sono perso vagando tra i ricordi, ed ho dovuto concludere alla svelta per non naufragare: “Miserere mihi Deus”

Il piano pastorale 2009-2010 della parrocchia di San Lorenzo, un esempio da seguire!

E’ stato il mio mestiere per più di mezzo secolo e perciò non riesco a non appassionarmi per tutto quello che riguarda la pastorale, cioè le “strategie” per far vivere e crescere una comunità cristiana.

Sono perfettamente d’accordo, prima con Leon Blois,poi con San Paolo che “tutto è grazia”, motivo per cui il ruolo di Dio e la santità dei suoi ministri sono le componenti determinanti della vita del cristiano e delle relative comunità, ma sono anche convinto che il buon Dio normalmente non bypassa le leggi della psicologia, della sociologia e di tutto ciò che determina la riuscita della comunità.

Se un parroco è veramente santo, tutta la comunità ne ha beneficio, ma è pur vero, se questo parroco è un santo per il nostro tempo, deve essere sensibile ed attento alle esigenze del momento storico in cui vive, e perciò, deve porre in atto tutto quello che il progetto di Dio prevede per la riuscita, altrimenti vien meno un requisito essenziale per essere santo,

il mio discorso nasce dall’impatto favorevole che ho avuto in questi giorni essendomi capitato in mano, il programma e l’organigramma chiamato a realizzare il piano pastorale 2009-2010 della parrocchia di San Lorenzo, il duomo della città.

Scorrendo le pagine dell’opuscolo, che fra l’altro è un piccolo gioiello anche a livello tipografico, ci si accorge di incontrare una parrocchia che tien conto di tutti, o quasi, gli aspetti della vita comunitaria e tenta di dare risposte ed attese ad esigenze estremamente articolate di una comunità che vive nel terzo millennio.

Ho riscontrato in questo opuscolo operativo, certe mie intuizioni, però sviluppate, ampliate e migliorate tanto che mi è venuto quasi il desiderio di “rubare” tanti opuscoli quanti ne servirebbero per inviarli a tutti i parroci della diocesi.

La pastorale non può ridursi a ripetitività passiva e ridotta all’osso. Ma è ricerca, tentativo di innovazione, risposta alle nuove tensioni e ricerca di linguaggio di uno stile consono alla vita dell’uomo d’oggi.

Su queste tematiche, su questi progetti e su queste esperienze gli operatori pastorali devono essere chiamati a confrontarsi a dibattere per calare l’utopia cristiana sul concreto della vita scegliendo, di tempo in tempo, i mezzi più idonei per farlo. Il diverso è fuga dalla realtà, e motivo certo di fallimento.

La religione crolla mentre clero discute il sesso degli angeli

Una quarantina di anni fa, o forse di più, ho partecipato ad un corso di esercizi spirituali per sacerdoti, al Coldraga, la bellissima casa dei padri Cavanis, posta a 600 metri di altezza sul costone di uno dei contrafforti del monte Grappa. Per arrivarci ci si inerpicava per una strada stretta, ripida e sterrata che, partendo proprio dalla schiena del magnifico tempio del Palladio di Cavaso del Tomba, portava a questa specie di castello che domina la splendida pianura della marca trevigiana.

La costruzione è del tempo dell’era fascista, ma comunque si rifà ad una architettura sobria ed austera. Ricordo che almeno per un giorno, fu presente il Cardinale Roncalli, nostro Patriarca, che ci dettò una meditazione di una semplicità assoluta, ma di grande efficacia. Della presenza del futuro Papa ne ho trovato una annotazione nel “Giornale dell’anima” quella specie di diario che il cardinale aggiornava ogni giorno.

In quell’occasione lessi un volume del teologo Kosc sul problema della secolarizzazione nella società contemporanea.

L’argomento mi tornò nuovo, non ne avevo mai sentito parlare e ne ebbi una profonda impressione, abituato com’ero ad una tradizione religiosa tranquilla, pacifica e scontata.

Quella lettura mi aiutò però a monitorare il mutare della cultura e del costume religioso nell’ambito in cui vivevo. Da principio mi sembrò un processo lento, quasi impercettibile, ma negli ultimi dieci anni il fenomeno prese avvio sempre più rapido, quasi da precipitare in maniera vorticosa.

La tradizione religiosa specie in città soprattutto nelle nuove generazioni più giovani non regge più; è letteralmente saltata.

Non c’è una ribellione, un rifiuto dialettico, formale, ma un abbandono tranquillo, di convinzioni di mentalità di principi.

Quello che mi impressiona di più è però la passività con cui il clero guarda al problema; pare che esso non lo tocchi, non gli interessi, anzi sia impegnato su ammennicoli di pensiero oramai ininfluenti sulla mentalità corrente.

Pare una volta ancora che mentre Bisanzio accerchiata, sta per crollare, i “sapienti continuino a discutere sul sesso degli angeli!”

Solo chi non si impegna non sbaglia mai!

Non passa giorno che qualcuno, che se anche mi stima e mi vuole bene, non mi inviti alla prudenza.

Qualcuno mi dice che mi espongo troppo, qualcuno mi suggerisce che certe prese di posizione potrebbero irritare chi in questo momento “conta”, qualche altro più sottilmente, mi rende presente che certe argomentazioni, pur giuste, potrebbero essere adoperate dal “nemico” contro realtà e valori che mi sono cari!

Sono convinto che la prudenza è certamente una virtù, che deve essere praticata da tutti i cristiani, io, soprattutto io, che sono intempestivo, talora polemico in particolare!

Però, nonostante questa convinzione, non posso non tener conto di una massima, scritta da un autore italiano, che adoperava lo strano pseudonimo “Pittigrilli”: “la prudenza talvolta è l’ignavia che cammina scalza e in punta dei piedi”

Quanta gente per quieto vivere se ne sta tranquilla, non prende posizione, porge un ossequio formale all’autorità, non esce allo scoperto.

Un tempo un mio amico prete pur libero, ma molto più saggio di me, mi disse: “non ti sei mai accorto che chi non si impegna, non osa, non esce allo scoperto, pare non sbagli mai e non è comunque mai rimproverato o combattuto da chi comanda, mentre quelli che si impegnano, che guardano al futuro, che hanno veramente a cuore valori e persone che talvolta sbagliano anche, sono sempre quelli che sono presi di mira che non fanno carriera, che sono tenuti alla larga, che spesso sono perseguiti”.

Se applico questo paradigma nel campo ecclesiastico del mio tempo debbo constatare che le più belle figure di preti e di laici che hanno operato nella chiesa negli ultimi 50/60 anni, da vivi hanno avuto solo grane, mentre da morti, appena passati qualche decina d’anni, sono diventate le più belle bandiere di cui si vanta la chiesa.

Sono ancora convinto che uno dei primi doveri che debbono valere per tutti è l’onestà, meglio se ponderata, umile e rispettosa, ma comunque onestà!

In equilibrio sul presente

Da qualche tempo a questa parte sto conficcandomi nella coscienza, con ripetuti forti colpi di martello questa verità: devo impegnarmi comunque per il presente anche se le previsioni per il futuro di certe mie imprese non sono rosee, date certe esperienze che ho già fatto. A proposito di questa scelta mi sono messo via un trafiletto del grande teologo ma soprattutto del grande testimone cristiano che fu il pastore Dietrich Bonhoeffer fatto impiccare dai nazisti pochi giorni prima della capitolazione del Reich.
“Il presente è l’ora, gravida di responsabilità di Dio con noi, ogni presente; oggi e domani, il presente in tutta la sua realtà e multiformità; in tutta la storia del mondo esiste solo e sempre un’ora realmente importante: il presente, chi fugge dal presente fugge le ore di Dio, chi fugge dal tempo, fugge da Dio. Servite il tempo. Il signore del tempo è Dio”

Ho fatto il proposito di leggermi di frequente queste parole vere, profonde e sagge di questo uomo di Dio.

Sto raccogliendo quadri e mobili per il futuro don Vecchi 4, sto impegnandomi per rendere sempre più accoglienti e signorili gli ambienti ove vivono come fossero in un grand’hotel gli attuali 300 anziani più poveri della nostra città. Ma ho un tarlo che mi rode la coscienza, che non mi lascia mai in pace facendomi presente in ogni momento: “Hai ottant’anni come puoi sperare che la tua impostazione, che non interessa a nessuno dei tuoi colleghi, possa reggere? che né è stato di tutto quello che ti sei impegnato precedentemente? non ti accorgi che stai camminando controcorrente? che c’è una mentalità nuova, che il tuo piccolo mondo sta ormai scomparendo?”

Bonhoeffer quando scrisse queste cose sull’impegno da svolgersi nel presente, aveva già il cappio del boia al collo, eppure anche negli ultimi istanti diede il meglio di se!

Perché io dovrei fare diversamente? Voglio impegnarmi come se dovessi vivere ancora mille anni!