Io presto sarò solo da museo!

E’ triste destino dei vecchi l’avvertire di essere superati dalla mentalità, dalla cultura e soprattutto dalla tecnica.

Io vivo ormai da anni questo disagio esistenziale. Pur ammirando i pregi e la vitalità della giovinezza, non l’invidio nè la rimpiango perché sono esperienze che ho già provato a mio tempo, provo invece frustrazione di fronte alle tecniche offerte dal progresso scientifico che avverto non essere io più in grado di servirmene per raggiungere quegli obiettivi che sono connaturati alle mie scelte di fondo e alla mia missione.

Per un prete è assolutamente essenziale possedere strumenti idonei ed aggiornati per offrire il messaggio che è motivo delle scelte e della vita di un sacerdote.

So usare il microfono, la comunicazione scritta mediante la stampa in genere ed in particolare dei periodici (vedi le numerose esperienze di libri e di periodici). Comprendo ed uso con sufficiente dimestichezza la comunicazione radiofonica (vedi la bella esperienza di Radiocarpini). Conosco l’efficacia e riesco ad utilizzare la comunicazione televisiva. Mentre mi rimane purtroppo sconosciuta l’ultima generazione dei mass-media: telefonini, internet, computer.

Avverto che i nuovi strumenti mediatici stanno ogni giorno di più sostituendo e soppiantando velocemente i precedenti, che pur sono di uscita recente, ed io mi sento ogni giorno sempre più tagliato fuori da questi mezzi di comunicazione portentosi, veloci e di grande efficacia.

Questi mezzi poi stanno modificando stile, mentalità e modalità nel linguaggio e questo mi fa sentire ancora più vecchio e sorpassato, fuori non solo dalla moda, ma anche dalla vita.

Oggi servono preti ma soprattutto preti nati in questo contesto tecnico, perché solo loro possono servirsi, con disinvoltura, di questi nuovi strumenti con cui annunciare il messaggio cristiano.

Io presto, tanto presto, sarò solo da museo!

I cattolici del comune di Venezia

Pirandello, anche se oggi non è più di moda e non si mettono più frequentemente in scena le sue numerosissime e caustiche commedie, rimane uno scrittore arguto che mette con decisione il dito sulla piaga delle debolezze e delle incoerenze umane.

In questi giorni il mio pensiero è andato a lui essendo io intervenuto, presso la civica amministrazione, per far presente alcune carenze riguardanti il piazzale del cimitero e la chiesa del camposanto. Per dare maggior forza ed autorevolezza al mio dire, ho pensato che era opportuno battere un tasto di carattere politico, affermando che i cattolici del comune di Venezia, assomigliano ai protagonisti della commedia di Pirandello “Sei personaggi in cerca di autore”

Con la dissoluzione della Democrazia Cristiana, che ambiva rappresentare il mondo cattolico, si è instaurata, per me opportunamente, la dottrina che i cristiani potevano, rimanendo tali, militare sia tra i moderati di destra che di sinistra.

Quelli che sono fiduciosi di risolvere i problemi del Paese con le ricette della destra moderata hanno certamente spazio e rappresentanza, mentre, ahimè, quelli, e non sono pochi, che hanno più fiducia delle soluzioni prospettate dai nuovi rappresentanti della sinistra moderata, non hanno assolutamente più rappresentanza politica, nè a livello nazionale e tanto meno a livello locale.

A Venezia tutti i posti sono saldamente già occupati da ex comunisti, che hanno sì cambiato bandiera, ma pare mantengano ancora saldamente ideali e obiettivi che avevano 20-30-40 anni fa e questo non rassicura per nulla i cattolici che non solo non condividono tale impostazione ma l’hanno da sempre combattuta!

Chiese ben chiuse, porte, serrature e custodi

La fede dei preti pare che talvolta sia inferiore al granello di senape perché Gesù ha affermato che se un credente avesse una fede almeno pari ad un granello di senape potrebbe ordinare ad un albero di togliersi da dove è stato piantato per andare a piantare le proprie radici tra le onde del mare, mentre sembra che i sacerdoti non si fidino per nulla nè di Gesù e tanto meno degli angeli custodi. Pare anzi che la fede dei sacerdoti poggi sulla chiave, sui cardini delle porte, sulle serrature e soprattutto sui custodi a pagamento.

A Venezia, a questo proposito, c’è una cultura giuridica ed una giurisprudenza quanto mai consistenti tra due organizzazioni para-ecclesiastiche che si contendono gli ingressi a pagamento delle varie chiese della città.

Un custode, per quanto vecchio, sordo ed orbo sembra offrire maggior fiducia che il mistero della presenza reale di Gesù nell’Eucarestia, della protezione dei santi e degli angeli!

Io non ho la mansione dell’ispettore che controlla gli orari di apertura e di chiusura delle singole chiese, ma volendo offrire ai fedeli il periodico di formazione religiosa “L’incontro”, vengo a conoscenza, dai miei inviati, di quanta difficoltà incontrino, nel portare il periodico, perché le chiese sono ben chiuse di primo mattino, da mezzogiorno fino alle 16-17 e perfino alle 18. Alcune poi pare aprano solamente per la celebrazione della messa!

Spero che non sia così, però si è tentati di pensare che i nostri preti siano più preoccupati dei pochi centesimi custoditi nelle cassette delle elemosine che dei fedeli che potrebbero ritirarsi qualche momento nella casa della preghiera e del buon Dio!

Con il vil denaro si aiuta il prossimo

Quando dimostravo a Monsignor Vecchi la mia ammirazione per chi aveva aiutato la parrocchia o le opere che da essa erano promosse, egli si dimostrava stupito per la mia riconoscenza per questi benefattori che generosamente mettevano a disposizione denaro, strutture o mezzi e mi faceva osservare: “Macchè, sono  invece loro che mi debbono dire grazie perchè ho dato loro l’opportunità di fare un’opera buona e di guadagnarsi qualcosa per il cielo!”

Io non ho imparato in maniera totalmente decisa questa lezione, ma mi è comunque rimasta in fondo alla coscienza e sempre mi aiuta a ribadire ai miei concittadini di ricordarsi dei poveri nel loro testamento.

Qualche risultato l’ho conseguito per il passato, pur non avendo avuto manifestazioni di gratitudine dai benefattori, nè tanto meno dai beneficiati. Speriamo che almeno il buon Dio non si dimentichi di questo povero prete che tenta di turbare la coscienza di chi ha e in cambio riceve quasi sempre il biasimo dei cristiani e dei preti che pare si nutrano soltanto di spirito e perciò si sentono autorizzati a criticare chi si sporca le mani con il vil denaro per aiutare il prossimo.

E’ vero che c’è una carità che si può fare anche con un sorriso, un saluto, uno sguardo ed una stretta di mano, ma questo tipo di solidarietà non è quasi mai compresa da chi è in difficoltà e soprattutto non risolve nulla per chi non ha casa, oppure ha una pensione insufficiente o versa in mille altri guai che si risolvono solamente con il denaro.

Pare che gli inglesi, a proposito, abbiano da tempo superato lo scandalo del denaro con il proverbio popolare: “Il denaro è un pessimo padrone, ma un ottimo servitore!”

La religione della famiglia

La mia specializzazione e la mia occupazione prevalente, essendo cappellano in cimitero, verte, per varie ragioni, sul settore del lutto. Il suffragio rappresenta l’oggetto primario del mio servizio sacerdotale.

Normalmente tento di incontrare qualche parente o un amico del “caro estinto” per avere un’immagine, pur sommaria, del fratello o della sorella da cui la famiglia e la comunità prende commiato e per cogliere la testimonianza globale che ogni persona lascia in eredità ai fratelli che ha incontrato durante la vita. Quasi sempre gli abbozzi che mi consegnano sono abbastanza simili; d’altronde non sono molte le personalità ben definite e di pregio. Comunque io ritengo sempre opportuno cogliere in positivo e talvolta in negativo, in maniera tale che i presenti al commiato ne possano trarre vantaggio dalla testimonianza offerta da chi ci lascia.

Qualche settimana fa, a rispondere alla mia richiesta, è stato il fratello del defunto, il quale mi diede qualche nota abbastanza scontata e comune quali la bontà, l’altruismo e la laboriosità.

Quando però gli chiesi qualche notizia sulla religiosità del fratello scomparso, si affrettò a dirmi che era certamente credente anche se non praticante; poi per specificare meglio, soggiunse che il fratello scomparso aveva soprattutto “la religione della famiglia”, per esaltarne certamente la dedizione per i propri cari.

In cuor mio mi domandai se il Giudice Supremo riconosca questa religione.

I teologi che ho studiato in seminario di certo non parlano di questa “religione” ma mi ricordai delle “Chiavi del Regno” di Cronin, romanzo in cui questo autore inglese sostiene che sono molte le strade che portano al Regno; di certo una di queste può essere la dedizione alla propria famiglia! Lo affidai quindi più fiduciosamente alla misericordia di Dio sperando che anche il buon Dio sia d’accordo!

Il Primario delle anime

Ora mi reco con minor frequenza, di quando collaboravo a livello pastorale, con lo staff di addetti alla pastorale presso il nostro ospedale, ma anche ora almeno un paio di volte la settimana, vado all’Angelo per portare “L’incontro”.

Qualche giorno fa mi hanno salutato con calore due coniugi mentre stavo armeggiando per parcheggiare la mia Fiat Uno.

Il marito, un omone di eloquio cordiale e vivace, mi disse: “Don Armando non hanno dato neppure a lei una tessera per parcheggiare gratis?”

Io, che ero e sono convinto di non aver motivi particolari per un privilegio del genere e pensando che il mio interlocutore non sapesse che non ero più in servizio attivo in ospedale, risposi che non avevo titolo alcuno per la gratuità.

Al che egli ribatté, suppongo non avendo compreso il senso della mia risposta: “Ma lei è un primario”, poi per spiegarsi soggiunse: “Primario a livello delle anime!”

Ci lasciammo con un sorriso ed un saluto molto cordiale.

Ci pensai a questa promozione sul campo datami, non dai miei superiori, ma da un uomo della strada.

Con 55 anni di servizio attivo come prete dovrei veramente aver raggiunto da un pezzo il “primariato”, a meno che non sia veramente una zucca!

Il problema mi ha interessato almeno per qualche giorno. Le fabbriche quando mandano in pensione un dipendente anziano, spesso lo adoperano come “consulente”, mentre da noi preti pare che la pensione sia veramente la fine!

Già da tempo sto riflettendo allo spreco di esperienze che la chiesa si concede con troppa disinvoltura!

L’insegnamento di Monsignor Bosa

Ogni tanto emergono nella mia memoria ricordi di tempi lontani, ricordi popolati dalle persone che ho incontrato e che hanno concorso alla mia educazione.

Qualche giorno fa, non so in occasione di che, è emersa, nella nebbia ovattata dei tempi del seminario, la particolare, ma bella figura di Monsignor Bosa. Questo prete prima di essere il Vicario generale, è stato, per me, l’insegnante intelligente ed apprezzato di scienze, di fisica e chimica. Lo ricordo particolarmente perché, questo studioso, che aveva curato una bellissima e vasta raccolta di lepidotteri, di farfalle e di cristalli e si occupava pure dell’osservatorio meteorologico e del sismografo esistenti in seminario, mi aveva scelto come suo assistente, motivo per cui mi assentavo spesso dalla vita di gruppo per occuparmi di queste attività scientifiche quanto mai interessanti.

Qualche giorno fa mentre mi sentivo vuoto, inconcludente e dispersivo, mi è venuta in mente una sua lezione. Diceva, questo eminente scienziato, che se si fossero potuti eliminare gli spazi tra atomo e atomo, la terra si potrebbe ridurre ad un cubetto di pochi centimetri cubi. Al quel tempo questa verità scientifica mi sbalordì e mi sbalordisce ancora, ma ricordando questo mi venne in mente, per una strana associazione di idee, che se dalla mia vita potessi eliminare tutti i tempi vuoti, quei tempi inconcludenti e passati banalmente, potrei fare tantissime altre cose.

Spesso mi avvilisco pensando che altri riescono meglio, realizzano di più, riempiono meglio il loro tempo dedicandolo in maniera più proficua al bene della gente.

Poi sono costretto a rassegnarmi ed accettarmi come sono, con tanti limiti e pochi pregi!

San Paolo ha molto da insegnare ai cristiani d’oggi

Il 2009 è stato dedicato all’apostolo delle genti: San Paolo.

Credo che la chiesa in genere e quella veneziana in particolare abbia veramente bisogno di confrontarsi con  l’apostolo San Paolo, il grande convertito, che rimane anche per i cristiani e le comunità del nostro tempo il campione insuperabile della fede e soprattutto dell’apostolato.

Paolo è per antonomasia il testimone del coraggio, dell’intraprendenza, dello spirito di sacrificio e della convinzione assoluta che il messaggio di Gesù offre agli uomini, di tutti i tempi, la soluzione più valida umanamente e spiritualmente per dare significato e valore alla vita. Per raggiungere questo obiettivo San Paolo si spende tutto, senza risparmiarsi e conclude la sua testimonianza con il martirio.

Mi commuove e mi fa sempre arrossire quel brano di una lettera di questo apostolo in cui elenca tutto quello che ha affrontato e subito per essere fedele al suo Vangelo: quella confessione sembra una lunga litania di pericoli, di sacrifici e di generosità illimitata!

Mi auguro tanto che noi preti, ma anche i laici cristiani, rileggano quest’anno San Paolo quasi per accendere un faro che metta in luce le pigrizie, le incongruenze, le storture, le meschinità di una vita cristiana piena di compromessi, vissuta senza entusiasmo, ridotta a qualche rito celebrato senza convinzione, preoccupati di garantirci una vita borghese più che di apostoli di Gesù.

Una fabbrica per i morti

Durante il tempo di Natale ho dovuto far ricorso a tutte le mie risorse interiori per non lasciarmi scoraggiare durante le belle ed esaltanti celebrazioni, che ci rinnovano il convincimento che Dio ci è vicino, abita tra noi e non ci abbandona al nostro destino.

Il cimitero, per quanta fede possiamo avere, ci condiziona con un senso di mestizia che pervade tutta la cultura e la sensibilità della gente del nostro tempo. Il nostro cimitero poi, non ha la poesia, l’ordine, il buon gusto dei piccoli cimiteri dell’Alto Adige che sembrano abbracciare la chiesa e che sono curati con infinito amore e gusto, sembra più una fabbrica per i morti, percorsa da mezzi meccanici, ricolma di fiori finti di plastica, sbiaditi e spesso dispersi dal vento gelido, con strade piene di buchi e l’asfalto sberciato e corroso, non aiuta a intravedere le folle dei beati del cielo.

Infine la piccola chiesa umida senza nessuna pretesa d’arte, stinta ed incapace di contenere i fedeli che la scelgono per la preghiera domenicale, non facilita certo l’entusiasmo.

Fino a qualche mese fa c’era l’illusione che sarebbe arrivata la nuova chiesa, ora, con la stagione inclemente che alterna il gelo con la pioggia, la nebbia col vento del nord che sparpaglia i fiori finti, è caduta anche questa illusione.

Confesso che devo fare uno sforzo sovraumano per non attaccare frontalmente l’amministrazione veneziana lontana e inconcludente, quella locale succube ed altrettanto assente e l’azienda che gestisce il cimitero che lo fa con lo stesso stile con cui cura lo smaltimento dei rifiuti urbani.

Non mi resta ora che sognare la primavera!

Quella piccola libreria in via Verdi…

Fino ad una trentina di anni fa operava anche a Mestre una giovane congregazione religiosa, fondata da don Alberione, che si occupava prevalentemente della stampa e dei mass-media.

Queste suorette paoline gestivano in via Verdi una piccola libreria sempre  affollata di sacerdoti e di cristiani che cercavano pubblicazioni di carattere religioso e films per i loro patronati. Suddette suore allestivano frequentemente mostre di libri nei sagrati delle chiese della città e spesso passavano per le case per la diffusione della “buona stampa”. Erano quei tempi in cui il periodico “Famiglia cristiana” aveva in ogni parrocchia decine e decine, talvolta perfino centinaia, di lettori.

Poi suddette suore tutte giovani, motivate ed intraprendenti, che davano l’impressione di essere l’ultima e più bella edizione di giovani donne consacrate a Dio e ai fratelli, passarono in via Poerio in una libreria più vasta, più in centro e più moderna. Ma la freschezza e l’entusiasmo pareva spegnersi a poco a poco e s’avvertiva più aria di bottega che di apostolato.

L’attività esterna scomparve completamente, finché un brutto giorno, si ritirarono in una loro casa di Treviso e subentrò la libreria S. Michele, gestita dalla parrocchia.

Meglio poco che niente, però il personale dipendente pare non abbia lo slancio, la motivazione e l’intraprendenza di chi si rifaceva allo spirito di S. Paolo, l’apostolo delle genti.

Nella chiesa della mia città, salvo qualche lodevole eccezione, pare che si respiri aria di rassegnazione e di resa. Tutto questo alla mia età fa male, molto male. Il mio ideale di chiesa rimane quello d’assalto non quella di ripiegamento come ora sembra di moda.

Vallo a capire quest’uomo!

Talvolta, vedendo certi comportamenti e certe reazioni, ti viene da classificarlo in un certo modo, metterlo in un certo posto nel casellario umano, corrispondente ad una certa tipologia precostituita, in verità la realtà umana è così difficile, complessa e sfuggente per cui certi giudizi affrettati sono talmente sballati che dovremmo arrossire e pentirci di averli pronunciati con tanta leggerezza.

L’uomo è sempre unico ed irripetibile, soltanto Dio poteva continuare a dar vita a miliardi di creature, apparentemente quasi uguali ma in realtà veramente diverse, anzi uniche. Non sbagli quasi mai quando ti accosti ad una persona con rispetto, con delicatezza, con discrezione considerandolo comunque una persona e Figlio di Dio.

A proposito della complessità dell’animo umano ed il pericolo di giudizi superficiali ed affrettati, mi sono sempre rifatto a due esperienze delle quali avrei dovuto imparare più di quanto abbia effettivamente imparato e messo in pratica.

Un giorno un omone, con due baffoni alla Guareschi, mi chiese di parlarmi e quando fu sicuro che non c’era alcuno a vederlo e ad ascoltarlo, mi confidò singhiozzando: “Vede, padre, io amo perdutamente mia moglie, ma in trent’anni di vita in comune non glielo ho mai detto e questo mi strazia il cuore!” A vederlo tutti l’avrebbero giudicato un cerbero senza pietà!

Un’altra volta, quando insegnavo alle magistrali, un alunno chiese di parlarmi, quando fummo soli mi disse: “Vede professore, mi pare che lei l’abbia su con me perché mi richiama tanto spesso”. Era vero; sembrava irrequieto e disattento. Poi soggiunse: “Mia madre è in ospedale da due mesi, mio padre ha i nervi a fior di pelle…” Compresi, e da quella volta siamo diventati amici e lo siamo ancora benché pensionati ambedue!

La vita e il cuore dell’uomo sono davvero un gran mistero!

Il mistero dell’incarnazione oggi

Io sono letteralmente affascinato dal mistero dell’Incarnazione che la chiesa ha recentemente celebrato durante le festività natalizie.

Mi entusiasma il pensiero che Dio non si sia lasciato incartapecorire in astruse formule filosofiche e teologiche, per diventare invece vita nello spirito pure nel corpo dell’uomo, di ogni uomo.

In tutti i miei sermoni, quest’anno, ho tentato con tutte le mie forze di mettere in luce questa stupenda verità: il Signore del cielo e della terra, del tempo e dell’eternità ha voluto prender dimora e farsi trovare ed amare in quella povera spelonca che è spessissimo il cuore dell’uomo, anche del più misero e deludente.

L’umanità del Figlio di Dio ha voluto svestirsi degli abiti regali per farli indossare all’uomo, come dice Leone Tolstoi nella sua leggenda, per vestirsi dei cenci dell’uomo povero e fragile di tutti i tempi.

E Gesù, la Parola di Dio, non si limita ad essere presente nello squallore della sua creatura, ma da quella culla parla, sorride, consiglia, ama, perdona ed insegna.

Qualche giorno fa è venuta a farmi gli auguri la signora Maria, la cara creatura che ormai da anni offre il sorriso, la consolazione, il conforto e l’ospitalità di Dio presso il Foyer San Benedetto, ai familiari degli ammalati degenti nel nostro ospedale. Mi disse come, fra l’altro, consola chi è in pena: “Stasera, mangia, sii sereno, dormi di gusto, domani sarà un altro giorno e se anche dovessi affrontare una prova o un dolore, il Signore ti sarà accanto per aiutarti”.

Mentre mi parlava, con il suo bel sorriso franco e spontaneo, avevo proprio la sensazione che lei offrisse labbra e suono ma che le parole fossero del Gesù a cui lei ha offerto dimora nel suo cuore di donna!

Coraggio!

Dall’8 febbraio 2009 è in distribuzione Coraggio, un quindicinale cristiano gratuito destinato agli ospiti, i relatori, gli operatori sanitari ed i volontari ospedalieri delle strutture sanitarie di Mestre.

Il quindicinale nasce nel 2009 per volontà di don Armando Trevisiol e della S. Vincenzo di Mestre. Come in precedenza L’Angelo è composto da una parte formativa, una seconda contenente le preghiere fondamentali ed una terza dedicata ad informazioni che possono interessare gli ammalati ed i loro familiari.

Può essere reperito nelle strutture sanitarie mestrine (ospedali e case di riposo) e sul sito web del Centro don Vecchi.

Regalare una parola d’affetto prima che sia tardi!

Nel nostro territorio, praticamente i concittadini deputano sempre il sacerdote a celebrare il commiato dei fratelli che ci precedono in Cielo.

Lo stesso sacerdote in tale occasione guida la preghiera della minuscola comunità che si riunisce in chiesa per onorare la memoria del caro estinto, si sforza di inquadrarne la morte alla luce della speranza cristiana, ma avverte che, sostanzialmente, i congiunti del defunto s’aspettano che il prete “dia l’ultimo saluto” ossia praticamente esprima i loro sentimenti, avvertendo il forte bisogno di manifestare a chi li lascia le parole di stima, d’affetto e di riconoscenza che forse non gli hanno mai detto o glielo hanno detto raramente e non con quel calore con cui nel momento del distacco, quasi sentendosi in colpa, amerebbero aver fatto mentre era in vita.

Io senza fatica, anzi con molta partecipazione umana e spirituale, mi accollo questo compito e mi accorgo assai di frequente, dai ringraziamenti che ricevo, che non mi riesce difficile accontentare il mio prossimo colpito dal mistero della morte. Però, confesso, che ogni volta penso nel mio animo quanto sarebbero state felici le mamme, le spose, i figli se si fossero sentite dire le parole, che io dico loro nel sermone, dai loro congiunti mentre erano in vita!

Da parte mia ho fatto questo proposito, per quanto mi riguarda. Pur continuando ad essere quello scontroso e quell’introverso che sono, quando ci riesco, vedo quanta gioia con nessuna fatica, dono al mio prossimo.

Ad ottant’anni è tardi, ma spero di avere ancora qualche opportunità di farlo!

I miei educatori

Ora che sono vecchio provo ogni giorno di più riconoscenza ed ammirazione per i miei educatori.

Ogni tanto prendo coscienza che debbo a loro il meglio di me.

A mio padre e a mia madre debbo il senso della sobrietà nel vivere, la coscienza dell’impegno e del lavoro. Ai sacerdoti della mia fanciullezza, don Nardino Mazzardis e don Giuseppe Callegaro, il senso del sognare un mondo buono e pulito, a don Giuliano Bertoli la convinzione che è possibile guidare i ragazzi e i giovani alla solidarietà e di farne degli uomini onesti e generosi, a Monsignor Vecchi la volontà di perseguire mete impossibili e di farlo con un atteggiamento di appassionata avventura, a don Silvio Tramontin l’amore per la storia e la letteratura, a Mons. Umberto Mezzaroba la passione per le anime, una passione assoluta che non ammette che alcuno ne sia escluso, a Mons. Aldo da Villa, l’impegno a parlare onestamente, a predicare col cuore, a non dire frasi fatte o luoghi comuni, ma a dare messaggi alti e sublimi. Ancora a Monsignor Vecchi il gusto per l’arte e la pittura in particolare.

Queste persone hanno tracciato sulla mia coscienza dei segni profondi ed indelebili che non potrei cancellare anche se lo volessi. Ma non lo voglio perché credo che essi siano il meglio di me.

A questi educatori vicini si aggiungono le splendide figure dei profeti del nostro tempo: da don Mazzolari a don Milani, da Giovanni XXIII al Cardinale Agostini il Patriarca di Venezia dimenticato, ma che per me fu ed è ancora una figura di prete e di vescovo integerrimo, da don Antonino Bello al Cardinale Ferrari, da Monsignor Facileni a don Gnocchi, da La Pira a De Gasperi.