La fine de “Il Coraggio”

Immagino che quando i famigliari vanno all’Agenzia delle pompe funebri per organizzare il funerale di un loro caro che viveva in casa di riposo da tempo, abbiano esattamente il volto e il fare del presidente della San Vincenzo di Mestre e della sua vicepresidente quando sono venuti al “don Vecchi” a dirmi che non erano più nelle condizioni di continuare a pubblicare “Coraggio” per la grave crisi finanziaria in cui versa la loro associazione benefica.

La storia di “Coraggio”, il periodico nato per dialogare con le strutture sanitarie, ospedali e case di riposo della città, e per portare conforto ai quasi tremila ricoverati in suddette strutture, è abbastanza tortuosa e tormentata.

Non ricordo quando ho dato il via a questa mia “impresa editoriale”, forse una ventina di anni fa, forse più. Era il tempo in cui facevo l’assistente della San Vincenzo di Mestre e l’associazione, ad imitazione di gruppi vicenziani di altre città del Veneto che avevano, presso i relativi ospedali e case di riposo, centinaia di volontari vicenziani, si ripropose d’aprire una nuova testata di ponte su questa realtà così affine ai “poveri” che la San Vincenzo ha sempre assistito.

L’inizio fu assai faticoso, sennonché, dopo un paio d’anni, ci fu una vera esplosione arrivando a contare più di 120 volontari. Il periodico “Coraggio” è nato come strumento operativo e di supporto all’attività esistenziale di questi volontari. Anche dopo la mia uscita dall’associazione, la stampa del periodico continuò, vivacchiando alla meglio, poi, per difficoltà redazionali, fu sospesa la pubblicazione.

Sembrandomi che la pastorale ospedaliera, per i motivi più diversi, fosse carente, mi offrii di far uscire il periodico, qualora la San Vincenzo avesse rimborsato, almeno in parte, le spese vive. Così siamo andati avanti per due anni, pubblicando 25 numeri con 1700 copie, con scadenza quindicinale.

In verità è stata un’avventura pressoché solitaria, che s’appoggiò solamente sulla mia profonda convinzione dell’opportunità di questo strumento di apostolato. Ho sempre avvertito l’indifferenza dell’équipe pastorale dell'”Angelo” e il quasi inesistente contributo di apporti da parte della San Vincenzo; essendo caduta nel vuoto pure l’offerta di collaborazione col nuovo cappellano dell’ospedale, ho avvertito che si era alla fine. Infatti i dirigenti della San Vincenzo sono venuti a denunciarmi il decesso.

Ho celebrato il funerale di “Coraggio” con mestizia e in solitudine, come per i molti funerali che celebro in cimitero di persone che son vissute ai margini della società, piuttosto sopportati che amati.

Credo che a rimpiangere il “caro estinto” non ci sia se non questo povero illuso che vive ormai in un tempo non più suo.

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